... ma nella società le chiese rimangono un punto di riferimento
(Riforma.it/ve) L’anno scorso la Chiesa evangelica riformata in Svizzera (CERiS) ha perso 39.000 membri. È quanto emerge dall’indagine dell’Istituto svizzero di sociologia pastorale (SPI) di San Gallo, che recentemente ha presentato i suoi dati alla stampa.
Questo sviluppo fa parte di un’erosione in corso da tempo nell’affiliazione alla chiesa, dovuta a fattori strutturali e decisioni individuali. Molti membri hanno solo un lontano legame con la chiesa a livello istituzionale, il che favorisce questo esodo.
La pubblicazione l'anno scorso dello studio pilota dell'Università di Zurigo sugli abusi sessuali nella chiesa cattolica romana avrebbe contribuito ad aumentare gli abbandoni anche in campo protestanti. Ma, come sottolinea Rita Famos, presidente CERiS, la colpa non dovrebbe essere attribuita esclusivamente ad altri. Inoltre, per Famos una chiesa più piccola nei numeri, non è automaticamente una chiesa più debole.
"Sì, la Chiesa è diventata più piccola, se si considera il numero dei membri", ha dichiarato Rita Famos. "Ma se parliamo del valore sociale e dell’impatto della nostra Chiesa, rimane eccezionale". Infatti, nonostante il calo dei membri, la chiesa resta un pilastro della società, in particolare grazie all’impegno dei suoi volontari e delle sue volontarie. Soltanto nel territorio delle chiese riformate Berna-Giura-Soletta vengono svolte ogni anno più di 588.000 ore di volontariato, il che corrisponde ad un valore economico di oltre 31 milioni di franchi. Anche il rapporto sui “contributi” delle comunità religiose nel cantone di Zurigo conferma l’importanza delle chiese e delle comunità religiose per il bene comune. Un recente studio condotto nel Cantone di Basilea mostra che le chiese riformate hanno fornito più di 524.000 ore di prestazioni sociali, comprese più di 398.000 ore di volontariato. Quest’opera ha un valore stimato di oltre 20 milioni di franchi.
L’offerta diaconale, culturale e sociale delle chiese riformate raggiunge persone di ogni ceto sociale: "Pensiamo alle lezioni di tedesco per i migranti, ai luoghi ecclesiali dove il caffè, l’angolo gioco e l’ascolto aiutano a combattere l’isolamento, o anche agli eventi culturali e ai concerti, spesso senza ingresso a pagamento", continua la pastora Famos. "Penso anche ai corsi Last Aid che hanno molto successo e in cui le persone, indipendentemente dalla loro appartenenza religiosa, parlano di come possono sostenere i loro cari nella morte. Qui non sono coinvolti solo i nostri membri, ma anche tante persone che formalmente non appartengono più alla chiesa, ma che si sentono legate a questi progetti".
La CERiS continuerà ad affrontare le sfide della società e a promuovere nuove forme di comunità, si legge nel comunicato stampa diffuso dopo la pubblicazione dei dati SPI. "Il nostro compito è continuare a offrire spazi di scambio, spiritualità e impegno alle persone che si sono allontanate dall'istituzione chiesa" - conclude Famos -, la chiesa infatti non è solo un’istituzione, è una comunità viva che, attraverso l’impegno dei suoi membri, dimostra di rispondere alle sfide del nostro tempo e di rimanere profondamente radicata nella società".