L’ex presidente USA di fede battista è morto all’età di 100 anni
Si è spento ieri, 29 dicembre, all’età di 100 anni, il più longevo presidente degli Stati Uniti: Jimmy Carter. Bandiere a mezz’asta alla Casa Bianca, mentre in omaggio all’ex-presidente democratico il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, in apertura della sua riunione, oggi ha osservato un minuto di silenzio.
Convinto credente e praticante
Alla guida della Casa Bianca dal 1977 al 1981, fu artefice degli accordi di Camp David tra Israele e Egitto nel settembre del 1978. Premio Nobel per la Pace nel 2002 con la più elevata delle motivazioni possibili (“una vita spesa al servizio degli altri”), Carter è stato un convinto evangelico battista. Oltre all’impegno per organizzazioni umanitarie, Carter ha continuato fino in età avanzata a occuparsi della sua chiesa locale, la Maranathà Baptist Church di Plains, in Georgia, in particolare insegnando nella scuola domenicale, ai bambini e alle bambine della chiesa.
Il cordoglio dell'Alleanza battista mondiale
In un comunicato stampa diffuso ieri l’Alleanza Battista mondiale ha ricordato “con gratitudine la sua leadership di servitore e la sua testimonianza del Vangelo mentre lavorava per promuovere i diritti umani per tutti. Carter è stato l'incarnazione vivente del fatto che la politica non è l'apice del servizio pubblico. Come credente nella tradizione battista, la sua fede è stata una chiamata per tutti noi a rimanere profondamente radicati in una comunità locale, lavorando per la pace e servendo i nostri vicini”.
Politica, fede, servizio
Le sue convinzioni religiose di credente evangelico battista hanno avuto un ruolo nella sua carriera politica, spiega il professor Massimo Rubboli, già docente di Storia americana all’Università di Genova. “Non ha mai nascosto - spiega - che il suo impegno politico fosse motivato dalla volontà di mettersi al servizio della società civile e che questo spirito di servizio fosse profondamente fondato sulla sua fede evangelica. Una fede che lo portava a voler servire gli altri stando tra le persone e non al di sopra di loro”. Un segno di questa volontà di stare alla pari con gli altri cittadini, Carter lo diede - ricorda ancora Rubboli - fin dal giorno del proprio insediamento, il 20 gennaio 1977, quando decise con la moglie di non arrivare alla Casa Bianca nell’auto presidenziale, bensì percorrendo a piedi un lungo tratto di Pennsylvania Avenue.
Cristiano “nato di nuovo”
Jimmy Carter si definiva un Born-Again Christian, espressione che viene spesso ricordata quando si parla dell’ex presidente USA. Durante le primarie del partito democratico nel 1976 nello Stato della Carolina del Nord, rispondendo alla domanda di una giornalista, Carter affermò appunto di essere un “cristiano nato di nuovo”. “Il giorno dopo - osserva Massimo Rubboli - nei programmi televisivi e sulla stampa alcuni giornalisti sostennero che il candidato alla presidenza apparteneva alla “setta religiosa dei nati di nuovo”. In realtà Carter aveva soltanto fatto riferimento al capitolo 3 del Vangelo di Giovanni nel quale Gesù, a Nicodemo che gli domandava cosa dovesse fare per entrare nel Regno dei cieli, aveva risposto che doveva nascere di nuovo: una metafora che per chiunque conosca i testi biblici significa che la salvezza richiede la conversione”.
Predicatore e insegnante
Fra impegno per la chiesa, vita politica, sostegno sociale ai più svantaggiati, l’ex presidente USA ha speso la sua vita secondo alcune chiare direttrici. Per gran parte della sua vita è stato un predicatore laico e insegnante della scuola biblica domenicale nella sua chiesa battista in Georgia.
Anche il suo impegno sociale è di grande interesse: dal 1984 ha lavorato assiduamente come volontario per l’associazione Habitat for Humanity, che si occupa della costruzione di case per famiglie indigenti. Fede e impegno sociale sono andati di pari passo, nella vita di Carter, mantenendo le dovute distinzioni di piano.
Politici e presidenti degli Stati Uniti fanno ampio uso di riferimenti biblici. A volte strumentalizzandoli. Jimmy Carter si è distinto, anche in questo campo. “Non ha mai fatto un uso strumentale della sua fede - afferma il professor Massimo Rubboli - e direi che ha sempre dimostrato prima durante e dopo la sua presidenza che la sua era una fede cristiana autentica”.
Crisi morale e spirituale
Nella stretta della crisi energetica degli anni Settanta, il presidente Carter tenne un discorso spiazzante. Era il 15 luglio del 1979 e, prima ancora che affrontare temi economici, parlò di crisi e di “malessere” della società americana. È tutto il sistema basato sui consumi a essere messo sotto la lente. Una sistema di valori andato in crisi, se è vero che l’identità non è più fondata su ciò che le persone fanno, ma su ciò che posseggono, atteggiamento questo che non può soddisfare la ricerca di senso. “In quel discorso Carter sottolineò con grande enfasi la crisi di fiducia sul futuro degli Stati Uniti e qualcuno disse che fu un discorso ecologista - sottolinea il professor Rubboli -. Ma il presidente sottolineò che si trattava in realtà di una profonda crisi morale e spirituale”.
L’eredità di Carter
L’eredità di un personaggio di spessore come Jimmy Carter, è stata in parte raccolta dal presidente Barack Obama, secondo l’opinione di Massimo Rubboli. “Ma non saprei indicare - aggiunge - se esista oggi una personalità politica che si distingua per l’impegno sui temi che furono cari a Carter: la giustizia sociale prima fra tutti”.
I funerali di Stato di Jimmy Carter si svolgeranno a Washington D.C. il prossimo 9 gennaio, data che il presidente uscente Joe Biden ha dichiarato giornata di lutto nazionale. L’omaggio all’ex-presidente comincerà domani a Plains, in Georgia, dov’era nato e dove sarà sepolto. (Con la collaborazione di Gaëlle Courtens).