Erano accusati di immigrazione illegale e traffico di esseri umani
(riforma.it/ve) Il 14 giugno 2023 la tragedia nel mare Egeo che costò la vita a 600 persone. Le accuse ai 9 erano parse da subito strumentali per coprire le omissioni delle forze navali greche ed europee
Il tribunale penale di Kalamata, nel Peloponneso in Grecia, ha assolto i nove imputati accusati dallo Stato greco di contrabbando di esseri umani e ingresso illegale nel Paese. Si è inoltre dichiarato incompetente a giudicare le accuse di appartenenza a un’organizzazione criminale e di aver causato il naufragio della nave di fronte a Pylos nel Peloponneso, in cui morirono oltre 600 persone il 14 giugno 2023, in una delle più gravi tragedie dell’immigrazione nel Mediterraneo, troppo in fretta dimenticata.
I 9 erano stati da subito definiti dei capri espiatori, scelti nel mucchio dei sopravvissuti quali presunti scafisti, senza alcuna evidenza in proposito. Al fine, dicono le organizzazioni umanitarie, di distrarre l’opinione pubblica dalle reali complicità delle forze navali greche ed europee.
A seguito dell’eccezione della difesa secondo cui la Corte era incompetente per i reati di naufragio e di appartenenza ad un’organizzazione criminale (perché i presunti fatti sarebbero avvenuti in acque internazionali) e che nel caso di traffico di esseri umani e ingresso illegale non sussistevano elementi di legge a carico, il Pubblico Ministero e successivamente la Corte hanno accolto l’obiezione e lasciato cadere le accuse contro i nove egiziani.
Prima di pronunciarsi sulla giurisdizione, gli imputati sono stati tutti interrogati individualmente sulla destinazione della loro imbarcazione, per accertare che la loro intenzione fosse quella di recarsi in Italia anziché in Grecia. Pur confermando quanto sopra, gli imputati hanno affermato di non comprendere il motivo per cui venivano accusati né il motivo per cui erano stati incarcerati. Uno degli imputati ha dichiarato: "Non so perché sono qui. Sono passato dal mare alla prigione".
Sono stati interrogati anche due ufficiali della Guardia costiera ellenica, le cui testimonianze si sono limitate a determinare il luogo esatto del naufragio e la destinazione del barcone di migranti. Ciò ha incluso l’interrogatorio del capitano della nave HCG 920, la nave della guardia costiera che molti sopravvissuti al naufragio di Pylos hanno accusato di aver causato il ribaltamento della nave nel tentativo di rimorchiarla con una fune. Tuttavia, poiché l’udienza si è conclusa prima di entrare nel merito della causa, il capitano della nave non ha mai dovuto rispondere delle sue azioni e omissioni in pubblica udienza.
Gli imputati, che rischiavano diversi ergastoli, saranno ora rilasciati dal carcere. "Se da un lato l’esito costituisce un grande sollievo, soprattutto conoscendo il contesto di criminalizzazione sistematica dei migranti in Grecia, dall’altro è importante non dimenticare il calvario subito dai nove imputati, anch’essi sopravvissuti al naufragio, che pur avendo rivendicato la propria innocenza all’inizio sono stati tuttavia perseguiti e detenuti per quasi un anno, senza accesso al supporto psico-sociale", commenta l’associazione umanitaria Lesvos Solidarity.
"Dopo più di undici mesi dal naufragio della nave, le autorità giudiziarie greche dovrebbero cercare i veri autori del reato presso la guardia costiera ellenica e i politici europei che sostengono le politiche mortali della Grecia in mare", ha affermato Vicky Aggelidou, avvocata difensore del Legal Center di Lesbo.
Come ricorda il portale MeltingPot: "Il peschereccio, chiamato Adriana, affondò a 45 miglia dalla costa greca della città sud-occidentale di Pylos il 13 giugno 2023. A bordo trasportava stipate circa 750 persone, principalmente provenienti da Pakistan, Siria ed Egitto. Le autorità marittime greche e Frontex erano a conoscenza della posizione della nave e dello stato in cui si trovava. Ma, invece di attivare un’operazione di salvataggio, si limitarono ad osservare. La campagna Free Pylos9 ha spiegato con l’ausilio di inchieste e testimonianze dirette dei sopravvissuti che entrambe le agenzie hanno monitorato la nave in difficoltà per almeno un giorno intero, ma non hanno effettuato un’operazione di salvataggio come le circostanze imponevano. Sembra invece che abbiano avviato un’operazione di respingimento illegale, secondo la loro prassi abituale".
Il processo, riguardante le operazioni della Guardia costiera greca prima del naufragio, è ancora nelle fasi iniziali in un tribunale militare della Marina. "Non accetteremo nessun insabbiamento del più grande e razzista crimine di Stato", ha ricordato l’Open Assembly against pushbacks and border violence.