Un ricordo del pastore e poeta bernese, con il teologo Fulvio Ferrario
Poesie, racconti, diari, saggi: è ampia e variegata l’opera letteraria del pastore svizzero Kurt Marti morto nel 2017 all’età di 96 anni e il cui centenario della nascita ricorre il 31 gennaio. Il teologo bernese è considerato tra i massimi esponenti della letteratura elvetica del secolo scorso, accanto a Max Frisch e Friedrich Dürrenmatt.
Insignito di numerosi premi letterari e teologici, la sua scrittura esplora differenti mondi, “dalle ‘altezze’ alle ‘profondità’, spaziando dai mondi ‘degli spiriti a quelli delle carni’”. Conosciuto anche per il suo impegno come attivista a favore della pace, della giustizia e della salvaguardia del creato, Kurt Marti, che per più di 20 anni ha curato la comunità riformata della Nydeggkirche di Berna (nella foto), si è sempre visto anzitutto come teologo. Molti dei suoi scritti sono infatti strettamente legati alla fede. Di sé diceva che era giunto alla teologia come “la vergine giunge al parto”. Le sue poesie - dal linguaggio sempre schietto, limpido, pregnante, a tratti pungente - sono poco conosciute in ambito italofono. Alcune raccolte sono state egregiamente tradotte, e tra queste l’ultima è La passione della parola DIO (ed. Claudiana) a cura di Beata Ravasi e Fulvio Ferrario, decano della Facoltà valdese di teologia a Roma.
Fulvio Ferrario, lei è tra i massimi esperti in ambito italofono dell’opera lirica del poeta-pastore Kurt Marti. Ci può dire quali sono i temi principali della sua riflessione?
Li riassumerei con tre parole: fede, politica e vita quotidiana. Fede: Marti era un pastore riformato, radicato nella tradizione protestante ma che la viveva con grande libertà e originalità. Politica: Marti era una figura di disturbo, uno svizzero alternativo, molto presente nelle battaglie civili del suo tempo. Ci sono storie di conflitto che sono durate decenni... denunce, battaglie, polemiche con esponenti di rilievo della politica bernese e confederata. Ricordo ad esempio le discussioni critiche sull'esercito, che in Svizzera ha l'importanza che ha. Il cantone di Berna, con l'appoggio della chiesa bernese, per ragioni politiche rifiutarono a Marti la cattedra di omiletica all'università. E vita quotidiana: Marti era un pastore che ascoltava la gente, era vicino alle persone e alle loro sofferenze con la consapevolezza che la fede non aggira la tragedia, ma la prende il carico e cerca di attraversarla.
Che tipo di cristiano era Marti?
Direi un cristiano estremamente libero, anche se l'aggettivo è un po' generico. Marti tematizza costantemente le stonature dell'Evangelo rispetto alla tradizione, cioè il fatto che non c'è una continuità armonica, perché Gesù è “contro”. È un tema classico, naturalmente, quello di Gesù critico nei confronti della chiesa. Ma ritengo che Marti lo cavalchi con coraggio. E poi, tipico di Marti è il tema del dubbio, ossia della fede che non è un dispositivo di certezze che sistema tutti gli ambiti del reale in una sintesi armonica. E aggiungerei il tema delle domande irrisolte, perché non ogni domanda trova una risposta compiuta. Da questo punto di vista il linguaggio della poesia gli giunge utile, nel senso che la poesia può permettersi di lasciare aperto e indeterminato anche ciò che la teologia a volte deve sforzarsi - di solito invano - di precisare meglio.
Come si può definire l'atteggiamento di Kurt Marti nei confronti della chiesa?
Kurt Marti è un uomo della chiesa. Se vogliamo usare una parola che in italiano certe volte viene usata in modo dispregiativo, che secondo me è invece una bellissima parola, era un "funzionario della chiesa". Lo sapeva, e credo che abbia vissuto con lealtà questa sua funzione. Marti è sempre stato critico nei confronti di quelli che lui chiama “Kirchenbonzen”, cioè i bonzi dell'istituzione chiesa. Lui stesso, certamente non è un uomo dell'apparato. È stato anche accusato di occupare una posizione fin troppo “comoda”: cioè, quella di un pastore insediato in una chiesa molto solida e ricca, in uno dei posti più belli di Berna, la Nydeggkirche, che tuttavia si prende il vezzo di fare il contestatore. Ma è stato un uomo con tutti e due i piedi dentro l'istituzione e tutti e due i piedi fuori, impegnato in una posizione di contestazione rispetto all'establishment ecclesiastico. E quindi, in realtà, una persona scomodissima, che non aveva paura di criticare e che è stata anche molto criticata.
Marti aveva un’attenzione per i paesi del Terzo Mondo, ma anche per questioni legate alla giustizia ecologica, alla salvaguardia del creato. Era contro l'energia nucleare, partecipava alle manifestazioni...
Il tema della catastrofe ecologica è presente in Marti ed è da inquadrare nel dibattito sul nucleare degli anni '60... Anzi, fu uno dei temi di grande conflitto in relazione alla politica elvetica, perché andava a toccare la sensibilità del suo paese su un punto sul quale l'energeticamente e finanziariamente solidissima Svizzera era molto consapevole e anche fiera di sé. La critica di Marti dava molto fastidio, irritava.
Qual è la rilevanza pubblica del pensiero di Kurt Marti?
A mio parere la cosa più interessante di Marti, anche dal punto di vista politico, è precisamente la sua poesia religiosa, nutrita di motivi biblici e che presenta un cristianesimo che è molto diverso da quello che i non credenti, ma anche le persone che frequentano la chiesa, si immaginano essere il cristianesimo. Marti vive un cristianesimo pieno di domande, allergico, polemico, arrabbiato anche, nei confronti delle formulette, della pietà a buon mercato e del bigottismo. In una situazione culturale e spirituale come la nostra, in cui i non cristiani - ormai largamente maggioritari nei nostri paesi - hanno una visione stereotipata del cristianesimo, Marti può fornire spunti molto validi. E lo stesso vale per quei cristiani tentati di rinchiudersi in un cristianesimo identitario e francamente un po' asfissiante. Nel nostro mondo il cristianesimo può essere un'altra cosa.
A 100 anni dalla sua nascita, Marti può dunque ancora essere di qualche interesse per i cristiani e le cristiane di oggi?
Penso di sì. Da Marti imparo questo: nessuna vergogna nei confronti del fatto di essere cristiani, anzi, essere cristiani è una faccenda estremamente stimolante. È stimolante perché ti sorprende: non è affatto vero che Gesù è il discorsino che abbiamo sempre saputo, Gesù è colui che non abbiamo ancora incontrato! È scomodo, però. Gesù ti destabilizza, ti pone delle domande che non vorresti porre, che interpellano la tua fede borghese. Marti, che era egli stesso un borghese svizzero, apre ad una prospettiva globale e tematizza la questione del Terzo Mondo, allora per nulla scontata. Quindi, da questo punto di vista, per la mia vita, per esempio di pastore, la lettura di Marti continua ad essere ricchissima di impulsi. (Con la collaborazione di P. Tognina)
Per ulteriori approfondimenti sulla figura di Kurt Marti (1921-2017) segnaliamo la nota biografica e bibliografica a cura di Fulvio Ferrario ne La passione della parola DIO (ed. Claudiana), scaricabile cliccando qui. Inoltre, è possibile anche accedere ad alcune poesie con il testo in originale a fronte.