Giù le mani da Martin Luther King

A Marine Le Pen i protestanti francesi non la mandano a dire

08 aprile 2025

(ve/fpf) Le dichiarazioni rilasciate da Marine Le Pen questo fine settimana hanno suscitato una reazione indignata da parte del presidente della Federazione protestante francese (FPF), il pastore Christian KriegerLa leader del partito di destra Rassemblement National, nota per le sue posizioni nazionaliste e anti-immigrazione, è stata condannata in primo grado a quattro anni di carcere e all’ineleggibilità per cinque anni a seguito di un processo legato ai rimborsi degli assistenti del suo partito che lavorano al Parlamento europeo di Strasburgo. Le Pen e otto eurodeputati sono stati riconosciuti colpevoli di appropriazione indebita di fondi pubblici. L’ineleggibilità taglia fuori Marine Le Pen dalla corsa alla carica di Presidente della Repubblica, perché le elezioni sono previste nel 2027.
Nel commentare la sentenza, ospite del Congresso della Lega di Matteo Salvini, Le Pen ha detto testualmente: “La violenza di questa condanna è basata su una violazione per il fatto che noi contestavamo le istituzioni europee. Quindi si tratta di un esercizio della nostra sovranità e del diritto all’autodeterminazione. Ma la nostra lotta sarà come la tua, pacifica e democratica e l’esempio viene da Martin Luther King. Sono i diritti civili e civici a essere mesi in discussione, non siamo i sovranisti dei cittadini di serie B e quindi dobbiamo essere trattati come cittadini di serie A”.

Nella presa di posizione della FPF, intitolata Martin Luther King tradito!, si legge:

“Domenica 6 aprile, durante un comizio in Place Vauban a Parigi, la leader del Rassemblement National Marine Le Pen ha invocato Martin Luther King per denunciare una sentenza del tribunale che la riguardava. A suo avviso questa sentenza metterebbe a repentaglio ‘i diritti civili dei francesi’. Tale affermazione costituisce uno sfruttamento indegno dell’eredità di un uomo la cui lotta, il cui pensiero e la cui fede appartengono a un altro orizzonte. Martin Luther King (1929-1968), ministro di culto battista, premio Nobel per la pace nel 1964, è stato un instancabile sostenitore della lotta politica non violenta e un instancabile difensore dei diritti civili. Come leader del movimento di boicottaggio degli autobus di Montgomery, incarnava la lotta contro la segregazione razziale negli Stati Uniti, denunciando un sistema di apartheid in cui i gli afroamericani erano ufficialmente ‘uguali ma separati’, vale a dire sistematicamente discriminati. Non era la rabbia, ma la fede ad animare la sua lotta. La fede in un Dio che considera tutti gli esseri umani uguali in dignità.
Il suo celebre discorso ‘I have a dream’, pronunciato il 28 agosto 1963, è diventato uno dei testi fondanti della coscienza universale. Egli auspicava un mondo in cui la fratellanza possa prevalere sulla paura e in cui la parità dei diritti trascendere il colore della pelle, le origini e le affiliazioni. Martin Luther King non difendeva una causa personale. Egli difese i diritti di coloro che la storia aveva spinto ai margini, che la società aveva oppresso. Non ha respinto nessuno. Si è fatto avanti, ha chiesto il dialogo, ha chiesto amore. Fino alla sua morte violenta, portò avanti una visione universale di giustizia, pace e fratellanza. Nella sua opera principale, La forza di amare, affermava che solo l’amore cristiano può respingere l’odio e l’ingiustizia.
Come non indignarsi, dunque, quando un simile patrimonio viene utilizzato per contestare un'applicazione della legge che di discriminatorio non ha proprio nulla? Non confondiamoci.
Martin Luther King ha lottato per i suoi fratelli e le sue sorelle; invece qui si tratta di una lotta per un destino personale. Martin Luther King era un paladino dei diritti; qui si tratta di rifiutare l’applicazione della legge. Martin Luther King era mosso dalla visione di una società inclusiva, aperta a tutta l’umanità; qui si esprime una visione identitaria e discriminatoria. L’ indegno sfruttamento di questa figura ispiratrice del protestantesimo evangelico è fuor di dubbio. A noi la responsabilità collettiva di garantire che lo spirito e la visione universale incarnati da Martin Luther King perdurino”.

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