Cosa fare per tenersi stretti i fedeli e cercarne di nuovi?
(ve/pt) "Tra i protestanti riformati la disaffezione dei credenti è in aumento". A lanciare l'allarme è il mensile riformato romando "Réformés" che cita i dati forniti dall'Ufficio federale svizzero di statistica. Nel 2019 i riformati rappresentavano il 22,5% della popolazione, contro il 23,1% nel 2018 o ancora il 24,9% nel 2015. Risalendo ancora più in là, nel 1970 erano il 48,8%.
“Stiamo attraversando un periodo di crisi identitaria senza precedenti”, ha affermato a "Réformés" Yves Bourquin, membro del Consiglio sinodale della Chiesa riformata evangelica del cantone Neuchâtel (EREN). Secondo Bourquin, sarebbero rilevabili anche tre altri preoccupanti elementi: una “carenza di pastori, la diminuzione del numero di fedeli, e una rarefazione dei volontari in ambito ecclesiale”.
A interrogare la redazione del mensile romando, il fatto che sul fronte delle chiese evangeliche libere non sembra esserci nessuna crisi: la percentuale dei protestanti evangelicali nella popolazione segue, stando ai dati dell’UST, una curva ascendente. Ma come spiegare una tale differenza all’interno del protestantesimo? Secondo gli esperti la risposta sarebbe da cercare nel campo dell'evangelizzazione, unico mezzo per conquistare nuovi adepti. Mentre gli evangelicali non esiterebbero ad annunciare con forza, in pubblico, le proprie convinzioni di fede, i riformati si mostrerebbe più riservati di fronte a questa pratica.
“Gli evangelicali sono convinti che ci sia un messaggio molto semplice e che basti comunicarlo”, ha dichiarato a "Réformés" Philippe Gonzalez, sociologo delle religioni all’Università di Losanna. Al contrario - prosegue Gonzalez - i riformati, più discreti riguardo alla loro fede, sembrano timorosi di rivolgersi all’esterno.
— Rita Famos
Da dove derivano la paura e la timidezza dei riformati? Secondo il sociologo Jörg Stolz, interpellato dal mensile romando, tali atteggiamenti derivano dalla constatazione che nella nostra società "ogni forma di evangelizzazione è vista come qualcosa di estremamente problematico: non appena qualcuno vuole condividere la propria fede si pensa al proselitismo e all’indottrinamento”. E dunque i riformati tacerebbero per paura di essere criticati o sospettati di voler fare del proselitismo.
Secondo "Réformés" la questione del calo numerico dei riformati starebbe suscitando inquietudine e qualche riflessione tra i protestanti storici che sarebbero consapevoli di dover correre ai ripari. Per Rita Famos, presidente della Chiesa evangelica riformata in Svizzera (CERiS), ad esempio, "l’evangelizzazione non consiste nel fatto di convincere, ma in un dialogo con le preoccupazioni dei giovani”. E aggiunge: "Qualcosa è da trovare anche nel modo di comunicare. Il pubblico non comprende più il nostro linguaggio, che è troppo ecclesiale. È necessario tradurre il Vangelo e il suo messaggio in un linguaggio contemporaneo e comprensibile, poiché le nostre immagini e i nostri riferimenti non sono affatto conosciuti”.
Una delle ricette vincenti delle chiese evangeliche libere sembra consistere nell'insistenza sulla trasmissione della fede nell'ambito famigliare. “La famiglia è ritenuta un luogo centrale per la trasmissione della fede”, ha confermato a "Réformés" Philippe Gonzalez, il quale ha aggiunto che “la crescita delle chiese evangelicali è dovuta essenzialmente alla socializzazione dei figli”. Una tesi condivisa anche dal sociologo Jörg Stolz, il quale sostiene che per gli evangelicali, “la fede è vissuta come uno stile di vita, e una chiesa è come una piccola comunità di paese”.
I vertici dei riformati svizzeri sembrano aver compreso questo dato: “La catechesi non deve più riguardare soltanto i figli, ma anche i genitori. Quest’ultimi devono poter accompagnare i figli nel loro cammino spirituale e creare riti di famiglia”, ha ribadito, a colloquio con il mensile romando "Réformés", la presidente dei riformati svizzeri, Rita Famos. Basterà questo per rilanciare le azioni delle chiese riformate?