No al “nazionalismo dei vaccini”, perché “ogni persona è preziosa”
“L'accesso ai vaccini contro il Covid-19 non può dipendere dalla ricchezza, dallo status o dalla nazionalità delle persone”: è quanto si legge in una lettera aperta firmata da 145 leader religiosi di tutto il mondo e resa pubblica ieri. L’appello di cristiani, musulmani, ebrei e buddisti è rivolto agli Stati e alle case farmaceutiche a cui viene chiesto di produrre e distribuire abbastanza vaccini per immunizzare l'intera popolazione mondiale contro il Covid-19. “Ogni persona è preziosa - si legge nella lettera -, raggiungere tutti è un obbligo morale".
I leader religiosi - tra cui Martin Junge, segretario generale della Federazione luterana mondiale; Thabo Makgoba, arcivescovo anglicano di Città del Capo; Jim Winkler, presidente del Consiglio nazionale di chiese degli USA; Rowan Williams, già arcivescovo di Canterbury; card. Peter Turkson, prefetto del Dicastero vaticano per il Servizio dello Sviluppo umano integrale - dicono “no” al nazionalismo dei vaccini, mentre al G7, che si riunirà a giugno, chiedono di prendere tutte le misure necessarie per garantire un programma globale di vaccinazione. Secondo il Guardian anche il Dalai Lama sosterrebbe la campagna.
“Al ritmo attuale di produzione e distribuzione del vaccino, gran parte del mondo potrebbe non essere vaccinato almeno fino alla fine del 2024. Le conseguenze per gli individui, le famiglie e le comunità più povere saranno devastanti”, si legge ancora nella lettera, che così prosegue: “La negligenza minerebbe la dignità non solo di coloro che rimangono indietro, ma anche di coloro che li hanno lasciati indietro. Questa crisi di salute pubblica senza precedenti richiede soprattutto una solidarietà globale, che tutte le persone stiano insieme come fratelli e sorelle”.
Inoltre, i firmatari della lettera chiedono agli Stati che hanno dosi di vaccino in eccesso di distribuirle, perché “se una parte del mondo viene lasciata in balia della pandemia, tutte le parti del mondo saranno esposte comunque ad un costante rischio”. Pertanto, i leader religiosi chiedono che i vaccini anti-Covid-19 siano riconosciuti come un “bene comune globale”, “perché non è pensabile che la soluzione della crisi sia lasciata al mercato”. Secondo gli esperti, per i paesi del G7 il costo connesso ad un eventuale accesso universale al vaccino rappresenterebbe appena una frazione degli stanziamenti miliardari già previsti per il rilancio delle economie nell’era post-Covid.
In questi giorni l’India, tra i maggiori produttori di vaccini, sta finendo le scorte per la propria popolazione, mentre meno dell’1% della popolazione dell'Africa sub-sahariana a metà aprile era stata vaccinata. L'iniziativa Covax, sostenuta dalle Nazioni Unite, ha consegnato finora 18 milioni di dosi di vaccino a 41 paesi africani. Ma Ruanda, Senegal, Ghana, Togo, Tunisia, Eswatini (ex Swaziland) e Botswana hanno esaurito le loro forniture iniziali. La maggior parte delle forniture di Covax ai paesi africani arrivava proprio dall'India, ma ora Delhi ne ha limitato le esportazioni, causa crisi maggiore nel proprio paese.
L'appello dei leader religiosi lanciato ieri si inserisce nell'azione della People's Vaccine Alliance, una coalizione di organizzazioni e attivisti che promuovono un "vaccino dei popoli", nonché la deroga sulla proprietà intellettuale dei brevetti dei vaccini anti-Covid-19.
Diverse realtà religiose già da dicembre del 2020 chiamavano a promuovere l’accesso rapido e incondizionato al vaccino anti-Covid-19. Il Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) e il Congresso ebraico mondiale (WJC) insieme avevano messo in guardia dal “nazionalismo dei vaccini”, per cui i paesi a più alto reddito raggiungono livelli più alti di fornitura, lasciando meno disponibilità per un'equa distribuzione globale. Con una dichiarazione congiunta i due organismi mondiali erano intervenuti con lo scopo di far riflettere i leader religiosi sulle implicazioni etiche e morali relative alla distribuzione globale del vaccino anti-Covid-19.
In Svizzera Amnesty International Svizzera e l'ONG di matrice protestante Public Eye, insieme hanno lanciato una petizione rivolta al Consiglio federale, affinché si impegni concretamente a favore di una deroga sulla proprietà intellettuale sulle cure, i test e i vaccini contro il Covid-19.