Zurigo. Venite anche voi a questo funerale

La pastora Priscilla Schwendimann accompagna un uomo rimasto solo

02 febbraio 2021  |  Antonia Moser

Priscilla Schwendimann (foto: reformiert-zürich)

Pastora della Predigerkirche di Zurigo, Priscilla Schwendimann non riusciva a rassegnarsi all’idea di celebrare un funerale senza alcun famigliare, amico o conoscente del defunto. Ha scelto allora di lanciare un invito, sulle reti sociali, a partecipare alla cerimonia. Un’iniziativa che ha suscitato reazioni e che potrebbe essere ripetuta. Intervista.

Lei ha lanciato sui social network un invito a un funerale. Per quale motivo?
Sono stata incaricata di celebrare un funerale, una cosa che sulle prime mi ha reso nervosa dato il breve preavviso. Poi ho scoperto che nessuno avrebbe presenziato alla cerimonia. Mi è parso terribile che quella persona partisse per il suo ultimo viaggio in completa solitudine. Mi è venuta quindi spontaneamente l’idea di invitare le persone al funerale.

Com’è andata?
Non mi aspettavo una simile reazione. Pensavo che sarebbero venute tre o quattro persone e invece alla fine le persone erano una ventina, giovani e meno giovani. Almeno la metà di loro erano persone che non conoscevo. Ho trovato questa simpatia incredibilmente bella e commovente. Ho persino versato qualche lacrima. Inoltre l’appello ha suscitato numerose reazioni: delle persone mi hanno scritto per assicurarmi che avrebbero pregato o mi hanno inviato foto di candele che avevano acceso.

Conosceva il defunto?
No e non avevo molte informazioni su di lui. Conoscevo il nome, la data di nascita e del decesso. Ma ero stata informata che nessuno sarebbe venuto al funerale e che quella persona aveva avuto trascorsi difficili. Ci sono state parecchie fratture nella sua vita.

Com’è possibile organizzare un servizio funebre sulla base di così poche informazioni?
Ho detto, in tutta onestà, che nemmeno io sapevo molto del defunto e per questo ho scelto un versetto che ricorda che si vede bene solo con il cuore e non con gli occhi. La nostra presenza ne è stata una dimostrazione per me. Siamo venuti qui perché toccati da questa storia, di questa persona che ha avuto una vita talmente a pezzi che si è smarrita nella grande città.

Solidarietà con uno sconosciuto

Questo funerale l’ha commossa più del solito?
Il punto di partenza era molto diverso. Di solito quando celebro un funerale devo tenere tutto sotto controllo. Devo recare conforto e sostenere persone affrante. Ma questa volta mi sono sentita in diritto anch’io di lasciarmi trasportare dall’emozione. I presenti si sono lasciati toccare da ciò e io sono stata toccata a mia volta. Siamo diventati una comunità per una persona che non conoscevamo. Questo ci ha ricordato una volta di più quanto la vita sia fragile e che ogni persona ha la sua dignità.

Il fatto che quelle persone abbiano risposto al suo appello l’ha incoraggiata?
Non direi “incoraggiata”: mi ha reso felice. Penso che chiunque abbia il diritto di essere accompagnato nel suo ultimo viaggio. Eravamo una comunità per quella persona che non aveva nessun altro. Era anche un atto di carità. Ci siamo presi il tempo per ricordare quella persona, anche se non la conoscevamo. Abbiamo riconosciuto che quella persona viveva nella nostra città e che ci apparteneva in quanto essere umano. Così facendo abbiamo dimostrato che anche quella persona era amata da Dio.

È normale che un pastore si ritrovi da solo a celebrare un funerale?
Sono pastora da un anno e mezzo e non mi era mai capitato. Tuttavia so che ogni tanto succede. Non sopporto l’idea che qualcuno debba andarsene in completa solitudine.

Allora la prossima volta ripeterà l’appello sui social network?
Sì, ho deciso che non celebrerò mai un funerale da sola. Forse creerò un gruppo di persone pronte a presenziare in futuro a funerali come questo. (da reformiert.info; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

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