Cristiani e yazidi nel nord dell’Iraq sono stati vessati dai terroristi dell’IS. Ora la Chiesa cantonale di Zurigo aiuta i rimpatriati nel nord dell’Iraq
(Delf Bucher) Sono armeni, assiri, arabi e yasidi. Sono caldei, apostolici armeni, protestanti o fedeli della Chiesa assira d’Oriente. In quasi due millenni un mosaico di comunità cristiane si è diffuso intorno alla biblica città di Ninive, l’odierna Mosul. Questa culla del cristianesimo, patria anche degli yazidi, essere stata concepita apposta per fare da bersaglio ai terroristi islamisti dell’IS.
Minoranze perseguitate
Nel luglio del 2014 i jihadisti dell’IS presero d’assalto la piana di Ninive e uccisero migliaia di persone, ne cacciarono centinaia di migliaia e violentarono e ridussero in schiavitù donne soprattutto yazide. Nel 2017, con la città ormai in rovina e i jihadisti dell’IS più o meno militarmente sconfitti, ha avuto inizio il lento ritorno in patria dei profughi. Se hanno trovato il coraggio di ritornare è anche grazie a Emanuel Youkhana, arcidiacono della Chiesa assira d’Oriente e allo stesso tempo direttore dell’organizzazione umanitaria CAPNI.
Youkhana non parla soltanto aramaico, la lingua parlata anche da Gesù. Ha imparato anche l’alfabeto gesuano dell’amore per il prossimo. L‘odio non trova posto dalle sue parti. Sebbene la “C” dell’organizzazione umanitaria CAPNI stia per “cristiano”, l’aiuto che offre è a beneficio di tutti i gruppi etnici, indipendentemente dalla fede praticata.
I profughi ritornati in patria si sono ben presto resi conto che la politica a Baghdad ignorava la devastata piana di Ninive. Organizzazioni umanitarie come CAPNI o Caritas sono intervenute per ripristinare scuole e ospedali. Negli ultimi mesi, dice Youkhana, si è quindi potuto assistere a una svolta in positivo. Adesso anche il governo centrale di Baghdad investe nelle infrastrutture. “Per fortuna. Il nostro compito non può essere quello di sostituire lo Stato, ma soltanto quello di tappare certi buchi”. Attualmente CAPNI sta costruendo tre asili nido e molte case. Oltre a quattro chiese.
Non sono necessarie determinate infrastrutture prima di costruire chiese? “Qui sta la grande differenza con l’Occidente. Per noi una chiesa significa casa, significa identità”, dice Youkhana e aggiunge: la chiesa non serve solo per le funzioni religiose, ma anche per tutti gli eventi culturali e le riunioni di villaggio.
Paura e insicurezza
Eppure, nonostante le chiese ricostruite, molti cristiani ritornati nella piana di Ninive non riescono a scuotersi di dosso una sensazione di insicurezza. “Siamo vittime di giochi geostrategici internazionali“, dice Youkhana riferendosi alla rivalità tra America e Iran. Gli ayatollah vogliono estendere la loro influenza all’Iraq tradizionalmente sciita. Così anche nei villaggi cristiani si ritrovano improvvisamente insediate famiglie sciite che hanno combattuto contro l’IS nelle Forze di mobilitazione popolare e adesso rimangono lì.
Microcrediti per ricostruire
La piana di Ninive è oggi un palcoscenico sul quale milizie sciite, combattenti curdi Peshmerga, terroristi sbandati dell’IS ed esercito iracheno lottano per il predominio. E nel mezzo stanno le minoranze cristiana e yazida. Al fine di garantire a quest’ultime almeno la sussistenza vengono ora stanziate risorse finanziarie per mettere in moto l’economia. Grazie a microcrediti i contadini possono finanziare impianti di irrigazione, i commercianti di generi alimentari gli arredi dei negozi e le imprese edili nuove attrezzature.
Aiuti da Zurigo
Quest’anno il progetto è sostenuto dalla Chiesa cantonale di Zurigo con 160.000 franchi. E ad aprile, mese di Pasqua, le collette delle parrocchie evangeliche riformate del cantone sono devolute ai cristiani in difficoltà in Oriente. “Purtroppo negli ultimi anni in molte parrocchie la colletta per i progetti in Medio Oriente non è più stata effettuata”, si rammarica Marc Bundi, coordinatore dell’aiuto ai rifugiati della Chiesa cantonale di Zurigo.
L’impegno della Chiesa evangelica riformata di Zurigo va anche a sostegno della diversità religiosa nel Medio Oriente. “Esigere la libertà religiosa per tutti e non soltanto per i cristiani”. Per Bundi si tratta di un principio importante, che aiuta a costruire ponti in società che spesso tendono a isolarsi nelle loro sottoculture religiose”. (da reformiert.; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)