In una dichiarazione del 26 agosto patriarchi e leader ecclesiastici di Gerusalemme fanno notare che il dodicesimo mese del devastante conflitto si avvicina rapidamente, esprimono gravi preoccupazioni e sollecitano un immediato cessate il fuoco.
(wcc/ve) "Milioni di rifugiati restano sfollati, le loro case inaccessibili, distrutte o irrimediabilmente danneggiate”, si legge nella dichiarazione. “Ogni settimana centinaia di innocenti vengono uccisi o gravemente feriti in attacchi indiscriminati”.
Innumerevoli altri continuano a patire la fame, la sete e le malattie infettive, sottolinea il documento. “In mezzo a tutto questo i negoziati per un cessate il fuoco si sono trascinati all’infinito, con i leader delle parti in conflitto apparentemente più interessati alle considerazioni politiche che a porre fine al perseguimento di morte e distruzione”, recita il testo. "Questi continui differimenti, uniti ad altri atti provocatori, non hanno fatto altro che inasprire le tensioni a tal punto che ora ci troviamo a un passo da una guerra regionale in piena regola”.
Patriarchi e leader ecclesiastici di Gerusalemme implorano i leader delle parti in conflitto e la comunità internazionale di giungere rapidamente a un accordo di cessate il fuoco che ponga fine alla guerra, consenta il rilascio di tutti i prigionieri e il ritorno degli sfollati e permetta di curare malati e feriti, di soccorrere affamati e assetati e di ricostruire tutte le strutture civili pubbliche e private che sono state distrutte.
“Lanciamo un appello ai leader di questi popoli, di concerto con la comunità internazionale, affinché riprendano senza indugio le discussioni diplomatiche, affrontino gli annosi rancori e arrivino a compiere passi concreti in direzione di una pace giusta e duratura nella nostra regione mediante l’adozione di una soluzione a due Stati riconosciuta su scala internazionale”, si legge ancora nella dichiarazione. “Mentre lanciamo questi appelli nel migliore interesse di tutti gli abitanti della regione, esprimiamo particolare preoccupazione per le comunità cristiane affidate alla nostra cura pastorale”.
Tra queste, quelle che a Gaza trovano rifugio nella chiesa ortodossa di San Porfirio e nella chiesa cattolica della Sacra Famiglia e il personale dell’ospedale anglicano al-Ahli con i pazienti in cura. “Promettiamo loro preghiere e sostegno ininterrotti, adesso e al termine della guerra, quando collaboreremo per ricostruire e rafforzare la presenza cristiana a Gaza e in tutta la Terra Santa”, prosegue la dichiarazione. “In questo periodo di crisi estrema rinnoviamo l’impegno a lavorare e pregare insieme nella speranza che, per la grazia dell’Onnipotente, possiamo iniziare a realizzare questa sacra visione di pace tra tutti i figli di Dio”.