Cinque secoli fa la Germania conobbe un’enorme rivolta popolare che fu soffocata nel sangue
Circa cinquecento anni fa, nel 1524-25, una colossale rivolta investì l’Europa centrale. Guidata dalla popolazione più povera e oppressa della Germania, centinaia di migliaia di persone si sollevarono e sfidarono lo stesso sistema feudale. Fu la più estesa rivolta di gente comune in Europa dalla rivolta dei contadini avvenuta in Inghilterra nel 1381 e non si sarebbe più verificato un evento di tale portata fino alla Rivoluzione francese del 1789.
La guerra dei contadini tedeschi, come è stata poi battezzata, fu una sollevazione che richiamò ampi settori della popolazione in una rivolta dai risvolti economici, religiosi e sociali. Le dimensioni dell’insurrezione furono tali da terrorizzare la classe dirigente tedesca. Un cancelliere dell’Alta Svevia, una regione chiave della ribellione, scrisse un rapporto al balivo regionale nel quale esprimeva il timore che la ribellione potesse estendersi alla Baviera e all’Alto Adige. “Se questo dovesse accadere”, scrisse il cancelliere, “nessuno in queste terre sarebbe più il padrone dei contadini”.
Signori locali, nobili e ricchi proprietari terrieri temevano per la propria vita e per quella delle loro famiglie, ma vedevano nell’insurrezione anche una minaccia all’esistenza della propria classe. Per questo motivo scatenarono la massima brutalità contro i ribelli, soffocando la rivolta nel sangue.
In realtà la stessa denominazione “guerra dei contadini tedeschi” è impropria. La ribellione non fu limitata all’area oggi nota come Germania, coinvolse - oltre ai contadini - anche altri gruppi sociali, e non fu una guerra in senso militare.
Quando scoppiò la guerra dei contadini molti ne attribuirono la responsabilità al personaggio più strettamente associato alla crescente sfida alla chiesa cattolica, Martin Lutero. Per comprendere appieno la guerra dei contadini dobbiamo comprendere la Riforma di Lutero e come abbia aperto il campo a una critica radicale della società nel suo complesso, rappresentando allo stesso tempo lo sviluppo di un nuovo ordine sociale.
Nel 1517 Lutero scrisse le sue famose tesi, con 95 punti diretti contro il modo in cui la chiesa si era allontanata dall’adorazione religiosa per curare interessi secolari. Lutero era adirato in particolare per la vendita delle indulgenze - un modo per ridurre il tempo trascorso dal credente in purgatorio per espiare i propri peccati.
La vendita delle indulgenze portò a una sorprendente crescita della ricchezza della chiesa. Nel 1515 papa Leone X aveva ordinato ai vescovi di tutta l’Europa di raccogliere fondi per la ricostruzione della Basilica di San Pietro a Roma. Distribuitisi per i territori, i venditori facevano pressioni su chiunque, affinché acquistasse le indulgenze. Ma il peso delle richieste si abbatteva più duramente sulle fasce più povere e oppresse della popolazione.
La celebre protesta di Lutero contro le indulgenze non nasceva soltanto dalla preoccupazione per l’oltraggio e la falsità contenuti in quei certificati. Era infuriato contro il potere e la ricchezza della chiesa e il modo in cui il papa esercitava il suo dominio su così tante persone. Se il papa voleva davvero rimettere i peccati, sosteneva Lutero, perché semplicemente non lo faceva, invece di pretendere che le persone pagassero a questo fine? Per Lutero la vendita delle indulgenze esemplificava tutto ciò che c’era di sbagliato nella chiesa.
La pubblicazione delle tesi di Lutero diede il via a un movimento che oggi è chiamato la Riforma e che finì per portare alla scissione della chiesa cristiana in due ali, cattolica e protestante. Ma questo breve riassunto non può rendere giustizia a un processo che travolse dapprima la Germania e poi l’Europa, in un periodo di dibattito politico di massa e radicale.
A Wittenberg, dove Lutero era studioso e monaco, centinaia di persone ascoltavano i suoi sermoni, che venivano intensamente discussi. Spesso tali discussioni mutavano in proteste, con attacchi ai simboli della chiesa di Roma o la richiesta ad altri membri del clero di seguire Lutero. In un’occasione, a Wittenberg, le persone presero d’assalto la chiesa del castello, una chiesa costruita e mantenuta da Federico III, elettore di Sassonia e principe di Lutero, esigendo che le funzioni aderissero alle nuove idee di Lutero.
La Riforma fu un periodo di fermento ideologico di massa concentrato principalmente nelle città della Germania. Ma era accompagnata da un grande malcontento nell’intera società, non soltanto nelle aree urbane. Per molti degli oppositori di Lutero, e in effetti per Lutero stesso, la ribellione esplosa nelle campagne tedesche nel 1524 era una conseguenza diretta del malcontento religioso. Acutamente, lo storico James M. Stayer ha osservato che la guerra dei contadini era l’“espressione della Riforma nelle campagne”.
La rivolta, tuttavia, fu molto più di questo. Non dovremmo dipingere la guerra dei contadini quale mera conseguenza del tumulto religioso, come cercarono di fare gli oppositori di Lutero al fine di gettare fango sullo stesso Lutero. Vorrebbe dire fraintendere le dinamiche in atto all’interno della società tedesca agli inizi del sedicesimo secolo.
La stessa Riforma, come disse Karl Marx, può sì aver avuto inizio “nel cervello del monaco”, ma era anche collegata ai più ampi sviluppi economici del sedicesimo secolo. Il contesto era la crescita degli interessi capitalistici all’interno della società europea. Le istanze della Riforma coincidevano con gli interessi di una crescente classe di persone - mercanti e fabbricanti - che consideravano la vecchia chiesa un ostacolo al rafforzamento dei propri interessi.
Lutero stesso era stato originariamente mandato a studiare legge all’università da suo padre, un proprietario di miniera relativamente benestante. Come riferito dallo stesso Lutero, l’esperienza che lo portò a passare dagli studi di legge a quelli di teologia e a una vita di devozione religiosa fu il violento temporale a cui scampò. In quella circostanza pregò Sant’Anna, santa patrona dei minatori, promettendole che se fosse sopravvissuto avrebbe consacrato la propria vita all’adorazione religiosa. Per Lutero la religione era strettamente connessa al contesto economico da cui proveniva.
Lo stesso era vero per i rivoltosi. La ribellione richiamò tutti gli scontenti e gli oppressi al confronto aperto con le classi dirigenti a livello locale e regionale. Le istanze dei poveri e degli oppressi - sia nelle aree urbane, sia in quelle rurali - unirono gli appelli alla riforma religiosa agli appelli alla liberazione economica. Gli storici hanno accesso a centinaia di esempi diversi delle richieste avanzate tanto dai contadini, quanto dagli abitanti delle città accomunati nella rivolta.
I “Dodici Articoli” prodotti a marzo del 1525 sono l’esempio più noto. Quel manifesto fu rapidamente distribuito e riprodotto in tutta la Germania grazie alla più recente tecnologia di comunicazione, la pressa da stampa. I dodici articoli offrono un affascinante spaccato dei pensieri di un movimento di massa che andava sviluppando le sue idee radicali e lanciava una sfida allo status quo.
Erano scritti dai rappresentanti di alcune delle più grandi “bande” di contadini, formazioni militari di migliaia di ribelli che marciavano attraverso le campagne. I dodici articoli iniziavano con una delle richieste chiave della riforma di Lutero: il diritto delle congregazioni di scegliere i propri parroci, i cui salari dovevano essere pagati con la decima, una tassa religiosa. Ciò che avanzava della decima doveva essere usato per aiutare i poveri, non per gonfiare le casse della chiesa.
Gli articoli continuavano con richieste economiche, tra cui l’abolizione della servitù della gleba: “Con la presente dichiariamo che siamo liberi e desideriamo rimanere liberi”. I ribelli contestavano il modo in cui i ricchi proprietari terrieri avevano privatizzato la terra, privando la gente comune del diritto di cacciare, di pescare o di usare le risorse. Una sezione chiedeva la restituzione dei boschi alla comunità, per “consentire a tutti, ordinatamente, di usare gratuitamente quanto necessario per il focolaio domestico e di prendere altresì gratuitamente il legname da costruzione quando è necessario”, così come dei terreni un tempo appartenuti alle comunità che erano stati sottratti alla gente dei villaggi per arricchire i signori.
I dodici articoli esponevano essenzialmente la visione di una società più egualitaria, in cui le risorse della natura sarebbero state a disposizione di chiunque ne avesse bisogno, mentre il potere dei ricchi di controllare i contadini veniva limitato. Questi articoli e centinaia di altri documenti analoghi rappresentavano una sfida diretta all’autorità e al potere della classe feudale dominante.
Man mano che la ribellione si propagava, le richieste avanzate si evolvevano, spesso toccando questioni locali. Nelle aree urbane il focus dei ribelli era spesso meno rivoluzionario e si rivendicavano migliori condizioni economiche per lavoratori e poveri nelle città, ma raramente un rovesciamento dell’ordine esistente.
Questi “articoli” locali e regionali sono molto meno noti dei dodici articoli, ma sono nondimeno di importanza cruciale per comprendere alcune delle principali dinamiche della ribellione stessa. Si considerino i quarantasei articoli formulati a Francoforte ad aprile del 1525 e immediatamente accettati dal Consiglio cittadino. Iniziavano con la richiesta di un controllo democratico sui sacerdoti e vari altri punti di ispirazione religiosa.
Tuttavia, la maggior parte degli articoli cercava di migliorare le condizioni e i diritti dei più poveri. L’articolo sette, per esempio, chiedeva: “Da ora in poi il mais dovrebbe essere portato in un mercato libero e a ogni persona dovrebbe essere permesso di acquistarne due o tre bushel o tanti quanti è in grado di pagarne”. In precedenza i ricchi avevano le proprie misure per il grano e potevano acquistare dai coltivatori prima che il prodotto raggiungesse il mercato.
Lo stesso articolo voleva che i poveri avessero la possibilità di acquistare il grano prima che gli “accaparratori” ne facessero incetta e alzassero i prezzi. Lo storico marxista britannico E.P. Thompson sviluppò il concetto di “economia morale” per descrivere istanze analoghe avanzate nelle campagne inglesi durante l’ascesa del capitalismo.
I ribelli di Francoforte volevano anche l’abolizione dei pedaggi e la fine delle restrizioni al diritto delle persone di prodursi il proprio cibo. C’è in questi documenti una percezione coerente che la gente comune era stanca di meschine oppressioni e di vedersi sottratte le risorse fornite dalla natura. L’articolo 17 afferma per esempio:
Quando il Signore Dio concede le faggiole nel bosco, allora i guardaboschi parlano ai poveri come se non ci fossero più faggiole disponibili e ordinando loro di allontanare il bestiame. In seguito li si ritroverà a vendere nei mercati del circondario. Tutto questo accade a spese dei poveri e non è più tollerabile.
Per i ribelli nelle città e nelle campagne il cristianesimo era la cornice attraverso la quale comprendevano il mondo, e la Bibbia era il riferimento di paragone a tal fine. La Riforma diede un impulso all’uso radicale della religione ed è degno di nota che i contadini vedevano nella Bibbia un modo per sfidare i propri governanti.
Dio aveva provveduto ai contadini tutto ciò di cui avevano bisogno per vivere la propria vita, ma i ricchi lo avevano distolto loro. Pertanto l’ordine feudale andava contro la volontà di Dio e non aveva alcuna legittimità. Questa fiducia nella loro fede e l’uso della Bibbia a sostegno della loro ribellione sono esemplificati dall’ultimo dei dodici articoli. Sfidava i critici a trovare nella Bibbia qualcosa che contraddicesse le precedenti richieste. Fiduciosi che nella Bibbia non si trovasse alcuna controargomentazione, gli autori dichiararono che avrebbero rimosso qualsiasi articolo trovato mancante.
Nella sua rievocazione della guerra dei contadini Friedrich Engels osservò che all’epoca le città tedesche rappresentavano una nuova tipologia di interessi economici. Engels spiegò come l’“opposizione plebea” nelle città riunisse gruppi e forze di natura diversa: dagli “elementi proletari emergenti della nascente società borghese moderna”, ai “cittadini delle corporazioni”, così come i contadini spossessati e i lavoratori specializzati noti come artigiani. Queste forze eterogenee avevano interessi e rivendicazioni differenti, ma la ribellione dei contadini le costrinse a fare fronte comune. Prima della sollevazione queste forze urbane costituivano una “massa che poteva essere comprata e venduta per qualche barile di vino”, sosteneva Engels:
Le rivolte dei contadini trasformarono questa massa in un partito e anche allora restò quasi dappertutto dipendente dai contadini in quanto a rivendicazioni e azioni - una prova lampante di quanto la città di quel tempo fosse ancora dipendente dalla campagna.
Queste forze, secondo Engels, “non avevano alcun desiderio di vedere una riduzione delle entrate cittadine attraverso l’abolizione degli obblighi feudali all’interno dei distretti della città”. La rivolta urbana del 1525 era perciò limitata dagli interessi degli elementi più facoltosi delle città, mentre le rivendicazioni rivoluzionarie dei contadini chiedevano l’eliminazione completa della servitù della gleba e delle relazioni feudali.
La società tedesca del sedicesimo secolo dipendeva interamente dai contadini. Essi costituivano la principale classe produttiva il cui lavoro costituiva la base per chiunque altro nella società. Nelle parole di Engels: “Ogni tenuta ufficiale dell’impero viveva dissanguando i contadini”.
Pertanto i contadini erano orribilmente oppressi e nelle richieste da loro avanzate si percepisce l’ira nei confronti di un sistema feudale che li sfruttava in ogni fase della loro vita. Erano costretti a svolgere lavoro “obbligato” per il loro signore e a pagare tasse supplementari in caso di matrimonio, di decesso o di acquisizione di un nuovo podere.
Inoltre potevano essere picchiati o giustiziati senza possibilità di ricorso e dovevano cedere una percentuale della produzione agricola alla chiesa e ai loro signori, a prescindere da come fosse andato il raccolto. Questa era la base economica della ribellione del 1524. La portata dell’oppressione e dello sfruttamento dei contadini ci aiuta a comprendere la portata della ribellione stessa.
Mentre la guerra dei contadini tedeschi coinvolse decine di migliaia di persone e fu correttamente descritta da Engels come la prima “rivolta contadina nazionale”, non fu una rivoluzione in grado di rovesciare il feudalesimo e introdurre un nuovo ordine economico. I contadini volevano soprattutto una società più egualitaria, giusta e democratica all’interno del quadro stabilito.
Detto ciò, c’era un certo numero di rivoluzionari che volevano che la sollevazione si spingesse ben oltre i limiti stabiliti da alcuni dei suoi leader. Capivano che l’oppressione sarebbe continuata, a meno che non fossero state eliminate le cause profonde della stessa. La più importante di queste figure radicali era Thomas Müntzer.
Le idee di Müntzer sono spesso considerate quelle di un precursore del pensiero socialista moderno. Leggendole oggi possiamo certamente notare la loro rilevanza per i nostri tempi, in cui l’ambiente viene mercificato nell’interesse dei ricchi e lo sfruttamento e l’oppressione rovinano l’esistenza di molti:
Qual è l’intruglio malefico da cui scaturiscono ogni usura, ladrocinio e rapina, se non la presunzione dei nostri signori e principi che tutte le creature appartengano loro? I pesci nell’acqua, gli uccelli nell’aria, le piante sulla superficie della terra - tutto deve loro appartenere! E per aggiungere la beffa al danno, fanno proclamare ai poveri il comandamento di Dio: Dio ti ha comandato di non rubare. Ma non vale per loro. Perché mentre fanno violenza a tutti, pelano e spennano i poveri contadini, gli artigiani e tutto ciò che respira, se uno di questi commette il più piccolo crimine, dev’essere impiccato… Sono i signori stessi che fanno dei poveri i loro nemici. Se si rifiutano di eliminare le cause dell’insurrezione, come potranno a lungo termine essere risolti i problemi? Se dire questo fa di me un istigatore all’insurrezione, che così sia!
In Turingia, nella Germania centrale, Müntzer, alla guida di un grosso esercito, fu in grado di sfidare il potere del sistema feudale. Tragicamente, le forze da lui condotte non furono abbastanza potenti da sconfiggere la potenza della classe dominante schierata contro di loro.
I contadini tedeschi erano già insorti in più occasioni prima della guerra dei contadini. Nel tardo quindicesimo secolo e agli inizi del sedicesimo i movimenti Bundschuh furono una serie di insurrezioni contadine su scala locale scatenate dal malcontento suscitato da questioni quali la tassazione, la servitù della gleba o un signore particolarmente tirannico.
Il Bundschuh faceva riferimento alla tradizionale scarpa allacciata indossata dai contadini e riprodotta dai ribelli su striscioni e bandiere. Quelle rivolte furono rapidamente sedate. La loro apparizione e l’esperienza in merito, fecero senz’altro sì che negli anni ’20 del ’500 molte persone nelle campagne tedesche ricordassero o avessero persino preso parte a quei tumulti.
Nel 1522 uno degli oppositori di Lutero, Thomas Murner, scrisse un pamphlet che attaccava la Riforma. È illustrato con un’immagine di Lutero, con indosso un’armatura, che lucida la scarpa di un contadino e porta il titolo “Ingrassare il Bundschuh”. Il senso è ovvio: per Murner la Riforma avrebbe condotto direttamente a una nuova insurrezione.
La rivolta scoppiò nel 1524. Ancora una volta, le cause scatenanti immediate erano questioni locali specifiche. Secondo la tradizione l’insurrezione ebbe inizio a giugno del 1524 a Stühlingen, vicino all’odierno confine tra Germania e Svizzera. Lì, nell’enorme tenuta di famiglia, si dice che la Contessa di Lupfen avesse ordinato ai servi della gleba di smettere di occuparsi del raccolto per mettersi invece alla ricerca di conchiglie di chiocciole, di modo che lei e la sua servitù potessero usarle per avvolgere la lana.
La persistenza di questi racconti tradizionali - che siano veri oppure no - ci dà una buona indicazione delle frustrazioni sperimentate dai contadini tedeschi del tempo e dei capricci di cui dovevano patire le conseguenze. Qualunque potesse essere stata la causa scatenante immediata, le rivolte ebbero rapida diffusione. I ribelli, forse grazie al fatto che avevano imparato dai fallimenti delle precedenti rivolte, si diedero da fare per portare l’insurrezione ad altri villaggi e città delle loro regioni.
Bande di contadini, spesso dell’ordine di decine di migliaia di individui, percorsero le campagne coinvolgendo altri villaggi, propagando l’insurrezione. Sconfissero inoltre signori, distrussero castelli e monasteri e costrinsero le autorità locali ad accogliere le loro istanze.
Alla nobiltà piaceva ritrarre i contadini ribelli come individui incoscientemente violenti e votati alla distruzione, incoraggiati da misteriosi ribelli senza nome, la cui ispirazione ultima derivava da Lutero o Müntzer. La ribellione era comunque tutt’altro che una rivolta disorganizzata. In realtà era caratterizzata da una scrupolosa organizzazione e da richieste ben ponderate.
Come abbiamo visto, le rivendicazioni assumevano spesso la forma di una serie di articoli e gli storici possiedono centinaia di questi documenti che espongono nel dettaglio quelle che erano le preoccupazioni dei contadini ribelli. Offrono uno spaccato affascinante del mondo del Basso Medioevo e dimostrano spesso come le istanze religiose e sociali fossero inscindibili.
I sessantadue articoli scritti dai contadini ribelli di Stühlingen includevano rivendicazioni economiche e sociali così come rimostranze che sarebbero state onnipresenti in tutte le aree interessate dalla rivolta. Alcune facevano riferimento al potere dei signori: i contadini dovevano richiedere un permesso per sposarsi al di fuori della propria comunità e i signori potevano “cavalcare sui campi, cacciare col falco, malmenare, praticare la caccia senza alcun vincolo… e danneggiare e devastare i raccolti”. Potevano anche reclamare la proprietà di coloro che morivano o finivano in carcere.
Mentre la perdita di terre comuni e “aree recintate” era molto meno problematica rispetto a quanto lo sarebbe stata in Inghilterra a partire dal sedicesimo secolo, il potere del signore di privare i contadini di diritti tradizionali alimentava l’ira popolare. I contadini si lamentavano che “l’acqua che scorre nelle nostre proprietà” era stata data in affitto a pescatori:
Siamo talmente oppressi dai nostri signori e dai loro funzionari con molteplici e insostenibili carichi di lavoro, tali da impedirci di coltivare i nostri poderi, ubicati peraltro in un distretto inclemente, che non sappiamo che cosa daremo da mangiare a mogli e figli; inoltre non possiamo e nemmeno potremmo portare a termine per i nostri signori ciò che siamo obbligati a fare.
Rivendicazioni come queste, da centinaia di aree diverse, ispirarono i più noti “Dodici Articoli”.
Eventi che ebbero luogo a circa 150 chilometri da Stühlingen ci offrono uno spaccato del modo di organizzarsi dei contadini. Come in molte altre ribellioni del genere prima e dopo di allora, usavano sagre e raduni tradizionali per incontrare altri radicali che condividessero le loro stesse idee, come riferisce un cronista dell’epoca:
Quando fu giunta l’ora di accendere il fuoco di questa rivolta, accadde a Shrovetide (i tre giorni che precedono il Mercoledì delle ceneri, ndr), quando le persone hanno la consuetudine di farsi reciprocamente visita, che sei o sette contadini di un villaggio nei pressi di Ulm, chiamato Baltringen, si ritrovarono e discussero di molti problemi di attualità. Com’era uso tra i contadini a quel tempo, viaggiavano da un villaggio all’altro come se stessero facendo visita ai vicini e mangiavano e bevevano assieme con fare conviviale; poi i contadini del villaggio proseguivano il viaggio con loro. Se qualcuno chiedeva loro dove stessero andando o che cosa stessero facendo rispondevano: “Stiamo andando a prendere torte di Shrovetide gli uni dagli altri”. E in tale compagnia viaggiavano ogni giovedì, crescendo di numero di volta in volta, finché non furono in quattrocento.
Baltringen divenne uno dei principali centri della rivolta e diede il nome a una delle più agguerrite bande contadine armate, il “Baltringer Haufen”.
I resoconti della guerra dei contadini, anche da parte di testimoni ostili, mostrano come i contadini si incontrassero regolarmente per discutere e dibattere della rivolta. Era una ribellione assolutamente democratica. I regolamenti di campo delle bande, pur operando nel rispetto della disciplina militare, assicuravano che i membri tenessero “assemblee comuni frequenti, poiché niente consolida e sostiene più cordialmente la banda comune”.
Con le rivolte che si propagavano nella Germania meridionale e centrale, e con l’insurrezione contadina che trovava ampio sostegno anche nelle città, la classe dominante tedesca non poteva restare a guardare. Le grosse bande distrussero centinaia di castelli e costrinsero la nobiltà in ritirata. Lettere terrorizzate testimoniano la paura da parte dei signori. Non soltanto rischiavano di rimetterci la pelle, ma l’intera società era minacciata.
A quel punto Martin Lutero mostrò il suo vero volto. In risposta ai “Dodici Articoli” Lutero scrisse un dettagliato ripudio delle rivendicazioni contadine, insistendo sul fatto che non era cristiano ribellarsi contro le autorità.
Da un lato la sua “Esortazione alla pace” non scagionava i principi e i signori. Lutero sosteneva che le loro azioni, l’aver ignorato il Vangelo e aver avanzato pretese economiche ingiuste, avevano causato la ribellione. Tuttavia proseguì rivolgendosi ai contadini, sostenendo con fermezza che la loro rivolta era sbagliata: “Il fatto che le autorità siano empie e ingiuste non giustifica il disordine e la ribellione”.
Rivelando il suo reale punto di vista Lutero dipinse la ribellione contro l’autorità stabilita come un male maggiore dell’ingiustizia:
Le autorità si impossessano ingiustamente della vostra proprietà; questo da un lato. Dall’altro lato voi sottraete loro l’autorità… Perciò voi siete ladri di gran lunga peggiori.
Sorprendentemente la rivolta in sé non era stata contrassegnata da abbondanza di spargimento di sangue da parte dei ribelli. Questo non impedì a Lutero di scrivere una furiosa polemica dopo il cosiddetto massacro di Weinsberg, quando un esercito ribelle uccise settanta nobili. Il suo pamphlet “Contro le orde di contadini ladri e assassini” ha ancora oggi il potere di scioccare con il suo incoraggiamento alla violenza da parte dei signori.
Lutero esortò i “cari signori” a “pugnalare, colpire, uccidere” i loro oppositori. “Se morirete facendolo, buon per voi! Non potreste desiderare una morte più benedetta”. Chiunque avrebbe combattuto contro i contadini - diceva Lutero - sarebbe un vero martire agli occhi di Dio, sempre che avrebbe agito in quanto cristiano che “tollera il Vangelo”, mentre coloro che si erano ribellati sarebbero stati condannati a bruciare eternamente come “un tizzone d’inferno”. Proseguì condannando tutti coloro che si schieravano dalla parte dei contadini: “Chiunque li frequenta va al diavolo con loro ed è colpevole di tutte le azioni malvagie da loro commesse”.
I signori presero a cuore questo messaggio. Mettendo per il momento da parte le loro divergenze riguardo alla sfida di Lutero al papa unirono le forze per sconfiggere i contadini.
Non era impresa facile. C’erano centinaia di migliaia di contadini armati in migliaia di bande diverse. Le forze mercenarie dei nobili non erano abbastanza forti da sconfiggere i nemici, perciò arruolarono due eserciti separati e cercarono di dividere i contadini.
Alla fine fu la mancanza di esperienza militare da parte dei contadini che si dimostrò essere la loro debolezza maggiore. Una serie di scontri militari vide la sconfitta di un esercito contadino dopo l’altro, con i sopravvissuti uccisi in seguito a sangue freddo. Mentre migliaia di contadini trovarono la morte sul campo di battaglia, sul fronte degli eserciti di professionisti le vittime erano solitamente appena una manciata.
Nella battaglia di Frankenhausen, per esempio, che pose fine alla rivolta in Turingia, morirono fino a 10.000 contadini - la maggior parte di essi mentre fuggiva disordinatamente dal campo di battaglia dopo appena pochi minuti. Questa battaglia mise fuori combattimento una delle aree più forti dell’insurrezione. Era forse anche la forza più radicale della rivolta, in quanto era guidata da Thomas Müntzer. Dopo la battaglia Müntzer fu catturato e torturato brutalmente e si dice che abbia ammesso sotto il supplizio dei serrapollici che lui e i ribelli volevano un mondo dove “tutto è in comune” (“omnia sunt communia”).
Che Müntzer lo abbia mai detto davvero, anche sotto tortura, è dubbio. Tuttavia, per i radicali che gli sarebbero succeduti, si tratta di una frase emblematica delle speranze e delle aspirazioni di molte persone coinvolte nella rivolta. Altre battaglie analogamente violente determinarono la fine della ribellione in diverse parti della Germania. La nobiltà cominciò a ristabilire il suo ordine e a vendicarsi. Il malcontento non svanì immediatamente dopo la sconfitta dei contadini e occasionali rigurgiti di ribellione nei mesi e negli anni dopo il 1525 vennero rapidamente neutralizzati.
Nel 19. secolo, nella sua rievocazione della guerra dei contadini, Friedrich Engels sostenne che la rivolta era da ricondurre al conflitto di classe piuttosto che a una guerra di religione, come veniva solitamente intesa. La Riforma e la guerra dei contadini nacquero dalle contrazioni della tarda società medievale, mentre un nuovo ordine economico stava iniziando a emergere.
Engels studiò e scrisse riguardo agli eventi del 1525 non soltanto per interesse storico. Egli cercava di comprendere la codardia della borghesia tedesca nelle rivoluzioni del suo stesso tempo. Nel 1848 attraverso l’Europa erano scoppiati movimenti rivoluzionari di massa che cercavano di spazzare via ciò che restava del vecchio aristocratico ordine feudale.
In teoria questo dava alla nuova borghesia l’opportunità di approfittare dell’accumulo di capitale senza alcun impedimento. In Germania, tuttavia, la paura della rivolta dal basso indusse gli elementi borghesi a rinunciare a un confronto finale con il vecchio ordine e a schierarsi con l’aristocrazia. La conclusione che Engels trasse da questa esperienza fu che la classe lavoratrice avrebbe dovuto essere la forza che avrebbe portato avanti la rivoluzione, senza fare affidamento sulla leadership della nuova classe capitalista.
Nel 1525 la borghesia tedesca non era ancora abbastanza potente da far davvero conoscere i propri interessi, sebbene venissero compiuti alcuni piccoli, esitanti passi in questa direzione. Si osservi come nel 1525 alcune città ribelli produssero “articoli” ispirati alle rivendicazioni contadine con una agenda economica propria. Chiedevano cambiamentinella tassazione dai quali avrebbero tratto vantaggio le forze emergenti del capitale mercantile e manifatturiero.
Come Engels notò, l’unica classe che ebbe a guadagnare dalla sollevazione del 1525 fu quella dei principi, dal momento che la società tedesca del 16. secolo era troppo frammentata perché emergesse un movimento unitario contro il feudalesimo. Nel 1848, tuttavia, le cose si erano evolute:
La rivoluzione del 1848 non era una questione locale tedesca, era una fase di un grande movimento europeo. Le forze in movimento per tutto il periodo della sua durata non erano limitate agli stretti confini di un singolo paese e nemmeno ai confini di un quarto del globo.
Al centro degli eventi del 1524-25 c’erano individui che vedevano oltre gli stretti confini degli interessi borghesi. Thomas Müntzer si accanì contro un mondo in cui un numero ristretto di principi dettava come le masse dovevano vivere e morire. Maledisse il modo in cui distruggevano l’ambiente per i propri interessi e vivevano nel lusso, mentre le masse morivano di fame. Müntzer esprimeva un malcontento che riecheggia lungo i secoli per arrivare fino a noi oggi.
Le migliaia di contadini ribelli che nei loro “articoli” e nelle loro rivendicazioni chiedevano una società più egualitaria e democratica erano i precursori di coloro che continuano a battersi per un mondo migliore oggi. Nel 1525 non esisteva ancora una base per quella società, pertanto le utopie contadine immaginate dai ribelli non poterono sopravvivere. Engels riassunse tale contraddizione nel suo commento sull’inesorabile tragedia della figura di Thomas Müntzer:
La cosa peggiore che possa accadere al leader di un partito estremo è di essere costretto a prendere il potere in un’epoca in cui il movimento non è ancora maturo per il dominio della classe che rappresenta e per la realizzazione delle misure che quel dominio implicherebbe. Ciò che egli può fare non dipende dalla sua volontà ma dall’asprezza del conflitto di interessi tra le varie classi e dal grado di sviluppo dei mezzi materiali di esistenza, dei rapporti di produzione e dei mezzi di comunicazione su cui ogni volta si basa il conflitto di interessi delle classi. Ciò che dovrebbe fare, ciò che il suo partito richiede da lui, ancora una volta non dipende da lui o dal grado di sviluppo della lotta di classe e delle sue condizioni. Egli è legato alle sue dottrine e alle istanze finora propugnate che non derivano dai rapporti tra le classi sociali in un determinato momento, o dal livello più o meno casuale dei rapporti di produzione e dei mezzi di comunicazione, ma dalla sua più o meno penetrante comprensione del risultato generale del movimento sociale e politico. Si trova quindi inevitabilmente in un dilemma. Ciò che può fare è in contrasto con tutte le azioni finora compiute, con tutti i suoi principi e con gli attuali interessi del suo partito; ciò che dovrebbe fare non può essere realizzato.
Ed Engels concluse: “Il cambiamento sociale, che tanto inorridì i contemporanei della classe media protestante, in realtà non andò mai oltre un debole e inconscio tentativo di istituire prematuramente la società borghese che sarebbe arrivata successivamente”.
Tuttavia, Engels comprese che la ribellione aveva anche un altro volto. Il fatto che centinaia di migliaia di persone erano pronte a ribellarsi contro le autorità, sfidando tanto la chiesa quanto la nobiltà, è di per sé di ispirazione. Presero le idee di personaggi come Martin Lutero e da quella Riforma distillarono un nucleo radicale.
La loro speranza di una gestione democratica del loro credo e della fine della servitù della gleba, dell’oppressione e dello sfruttamento, poteva anche essere non realizzabile all’epoca, eppure decine di migliaia di persone erano pronte a imbracciare le armi e affrontare mercenari professionisti sul campo di battaglia sognando la vittoria. Morirono combattendo per un mondo migliore ed è per questo che oggi, cinquecento anni dopo, dovremmo celebrare la guerra dei contadini tedeschi come una lotta rivoluzionaria in anticipo sui tempi. (Da: Jacobin; trad.: G. M. Schmitt)
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Pubblicchiamo con la gentile concessione del portale online statunitense Jacobin questo approfondimento con il titolo originale: The German Peasants’ War Was Europe’s Biggest Social Revolt Before the French Revolution.
L’autore, Martin Empson, inglese, oltre ad essere uno storico e autore di diversi libri, è anche un attivista per il clima. Attualmente sta lavorando a un’opera sulla Guerra dei contadini tedeschi del 1525.