Nella tormenta l’edizione 2024 proposta quest’anno dal comitato palestinese
(protestinfo/ve) Iniziata nel 1887 da donne cristiane negli Stati Uniti, la Giornata mondiale di preghiera (GMP) si celebra ogni primo venerdì di marzo in oltre 120 paesi. Ogni anno un paese organizzatore ha l’incarico di proporre una preghiera e una liturgia comuni per un evento che unisce in spirito centinaia di migliaia di cristiani in tutto il mondo.
Quest’anno è il turno della Palestina. Ma dagli attacchi perpetrati da Hamas il 7 ottobre non si placano le critiche che denunciano una strumentalizzazione politica della GMP. In Germania le reazioni sono state così veementi che il comitato nazionale ha deciso – scelta inedita – di modificare la liturgia proposta dal gruppo di donne palestinesi. Inoltre, in questione sono anche i simboli pro Palestina giudicati troppo manifesti o percepiti come antisemiti.
Anche in Svizzera i preparativi per l’edizione 2024 della Giornata mondiale di preghiera non sono esenti da difficoltà. “Da quando si sa che la liturgia di quest’anno è stata concepita da donne palestinesi, siamo nel mirino degli ambienti cristiani pro Israele”, ha confidato a dicembre Vroni Peterhans, presidente della GMP Svizzera, all’agenzia svizzero-tedesca kath.ch.
Tuttavia, a differenza di quanto deciso in Germania, il comitato della GMP Svizzera ha deciso di mantenere i testi preparati dal comitato palestinese. “Abbiamo scelto di dare fiducia alle donne nei gruppi preparatori locali”, afferma Carola Kneubühler, rappresentante della GMP per la Svizzera francese.
La “politicizzazione” dell’evento non manca di mettere in imbarazzo le chiese, chiamate a prendere posizione. “Abbiamo ricevuto anche molte richieste da parte dei gruppi preparatori”, confida Pierre-Philippe Blaser, vicepresidente della Chiesa evangelica riformata in Svizzera (CERiS).
In risposta alle diverse “preoccupazioni” la CERiS ha quindi scelto di pubblicare, nel corso del mese di dicembre, una “raccolta di raccomandazioni” a beneficio delle parrocchie che partecipano all’evento. Un’occasione per segnalare anche che la GMP è “una iniziativa ecumenica indipendente” oltre che “un evento gestito nella maggior parte delle parrocchie da laici”.
“Trent’anni fa la Palestina era già stata paese organizzatore e la scelta aveva provocato molti accesi dibattiti e, in certi casi, gravi tensioni”, spiega il documento della CERiS. “Alla luce dell’attuale situazione in Medio Oriente, la liturgia del comitato palestinese ha di nuovo suscitato una controversia che non risparmia la nostra stessa comunità ecclesiale”.
Sebbene il Consiglio della CERiS “sostenga lo svolgimento della GMP” e reputi “opportuno rispettare l’autonomia del paese organizzatore”, è nondimeno consapevole che “alcuni passaggi possono suscitare tensioni”. Tra le sue raccomandazioni figura pertanto l’invito a “evitare di usare la parola nakba nella liturgia”. Il termine significa “catastrofe” e designa per i palestinesi l’esodo forzato del 1948. Una parola considerata “dalla forte valenza politica, polisemica e ambigua” da parte dell’esecutivo CERiS, ma anche “strettamente legata alla completa rimessa in discussione dello Stato di Israele”.
Nello stesso spirito il documento raccomanda di “rinunciare, nella misura del possibile, al simbolo della chiave”. Le chiavi sono il simbolo della speranza di rientrare in Palestina. Dovunque si trovino, i palestinesi portano sempre con sé le chiavi della casa dalla quale sono stati cacciati. Infine, il Consiglio della CERiS raccomanda di “adattare leggermente la preghiera di intercessione” affinché “non si presti a essere strumentalizzata come preghiera contro l’altra parte”. Vi si menziona in particolare la sorte dei “rifugiati e sfollati” le cui attese non sono “prese in considerazione”.
L’abate Urban Federer, responsabile della liturgia in seno alla Conferenza dei vescovi svizzeri (CVS), rileva che, per parte sua, la CVS non prevede alcuna dichiarazione concernente la GMP 2024. Guardando alla Germania e alla “particolare sensibilità tedesca” sulla questione mediorientale, dice di comprendere le critiche del comitato d’oltre Reno. "Anche qui da noi - dice l'abate - ogni dichiarazione deve essere letta nel contesto delle attuali tensioni. Per esempio, il fatto che la Palestina sia il luogo di nascita del cristianesimo deve almeno essere integrato dall’affermazione che Gesù era ebreo, per non essere inteso in modo antisemita”.
Carola Kneubühler, per parte sua, ricorda che “le liturgie della GMP sono sempre impregnate della soggettività delle donne che le scrivono”.
E non manca chi reputa le raccomandazioni della CERiS come incompatibili con lo spirito stesso dei testi redatti dal comitato palestinese. “Voler celebrare la nostra solidarietà con le sorelle e i fratelli della Palestina evitando la parola nakba svuota di senso questa solidarietà ed equivale a tradire un elemento della liturgia che per loro è essenziale”, afferma sul suo blog Hubert Van Beek, ex segretario esecutivo del Consiglio ecumenico delle chiese. Contattato, aggiunge che “le chiese riformate hanno la tendenza a prendere sistematicamente posizione a favore di Israele”.
“L’obiettivo delle raccomandazioni era di permettere che questa preghiera possa avere luogo in un'atmosfera raccolta, in solidarietà con le persone toccate dalla tragedia del conflitto, senza che i partecipanti alla GMP siano a loro volta portati su posizioni partigiane”, risponde Pierre-Philippe Blaser, che spiega così l’operazione messa in campo dalla CERiS: “L’idea era quella di evitare che qualcuno possa sentirsi a disagio di fronte ad un certo tipo di celebrazione, enunciato o immagine eventualmente politicamente connotata”. (trad.: G. M. Schmitt; adat.: G. Courtens)
La Giornata mondiale di preghiera (GMP), proposta quest'anno dalle donne cristiane della Palestina, è in agenda il prossimo 1. marzo, con al centro il versetto biblico tratto da Efesini (4:3), quello cioè di "conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace". (Per i materiali in italiano clicca qui.)