La narrazione ecclesiastica e gli interessi neo-imperiali di Putin
Il presidente russo Vladimir Putin e il patriarca ortodosso di Mosca Kyrill I sono uniti dal loro rifiuto dell'Occidente e dalla narrazione storica sull'importanza della Rus' di Kiev. Lo affermano due teologi dell'Istituto di teologia sistematica dell'Università di Vienna, Christian Stoll e Jan-Heiner Tück, in un'analisi pubblicata oggi (lunedì 14 marzo, ndr.) nella "Neue Zürcher Zeitung". Il presidente Putin avrebbe creato, in Russia, una "relazione simbiotica tra stato e chiesa", tra autocrate e patriarca. L'alleanza tra il presidente e Kyrill sarebbe basata anche su una certa costruzione della storia russa.
Putin ha ripetutamente insistito sul ruolo della Russia come baluardo contro la decadenza occidentale e negli ultimi anni si è ripetutamente presentato come un "figlio fedele della Chiesa ortodossa". Enormi fondi statali sono confluiti nella costruzione di chiese e monasteri e hanno contribuito a una rinascita della Chiesa ortodossa russa difficilmente immaginabile dopo la fine dell'Unione Sovietica.
Secondo Stoll e Tück, l'azione di protesta del gruppo punk Pussy Riot nella Cattedrale del Salvatore di Mosca, nel 2012, sarebbe da considerare come una "punto di svolta" per la Chiesa ortodossa. A partire da quel momento, la chiesa ha condotto una campagna contro la presunta arte anti-religiosa, e i tribunali statali hanno condannato gli attivisti a diversi anni di prigione. "Non è perciò sorprendente - spiegano Stoll e Tück - che il patriarca di Mosca abbia recentemente affermato che la guerra scatenata da Putin ha lo scopo di proteggere la Russia cristiana dalle sfilate gay dell'Occidente".
L'alleanza tra il capo di stato russo e il leader della Chiesa ortodossa russa si basa - ritengono i teologi dell'Università di Vienna - sulla narrazione storico-ecclesiale secondo la quale il cristianesimo russo avrebbe le sue radici nella Rus' di Kiev, dove nel 988 fu battezzato il Gran Principe Vladimir. Secondo questo quadro, la Bielorussia, l'Ucraina e la Russia apparterrebbero in definitiva come nazioni fratelli a un unico territorio canonico.
Questa visione coinciderebbe - secondo i due ricercatori - con gli interessi neo-imperiali di Putin: "Il cristianesimo ortodosso e l'ideologia politica si combinano qui per formare una storia sacra in cui ci sono eroi sacri, popoli miticamente uniti e diritti propri sulle terre storiche".
In Occidente si pensava che tali narrazioni fossero state superate dopo le catastrofi delle due guerre mondiali. Dopo la caduta della cortina di ferro, invece, sono state riprese negli stati nazionali post-sovietici, spiegano Stoll e Tück. Il nazionalismo serbo, per esempio, con la sua mitizzazione religiosa della battaglia del Campo dei Merli (combattuta nel 1389, tra le forze cristiane guidate dal principe serbo Lazar e le truppe ottomane, ndr.), sostenuta dalla Chiesa ortodossa serba, mostra tratti simili alla rivendicazione ortodossa russa della Rus' di Kiev. Ma anche negli stati non ortodossi come l'Ungheria, si può osservare una "trasfigurazione sacrale della propria storia nazionale".
La debolezza delle narrazioni religioso-nazionaliste consisterebbe, secondo Christian Stoll e Jan-Heiner Tück, nel fatto che esse impongono a questi popoli un'interpretazione della loro storia definita da chierici politicizzanti e storici vicini al Cremlino. "Non è previsto che quei popoli - aggiungono i due teologi - possano parlare da soli e dichiarare in quale stato vogliono vivere e a quale religione vogliono appartenere".
La "sinfonia tra stato e chiesa" russa è tuttavia percorsa, dallo scoppio della guerra a oggi, da dissonanze sempre più forti. All'interno della Chiesa ortodossa russa, ci sono voci coraggiose di vescovi, teologi e credenti che non approvano affatto la guerra e le motivazioni che sono state date per giustificarla. Da un punto di vista ecumenico, concludono i ricercatori dell'Università di Vienna, l'invasione russa ha anche prodotto un inatteso avvicinamento tra le due Chiese ortodosse rivali in Ucraina, quella autocefala del metropolita Epifanio, e quella legata al patriarcato di Mosca, guidata dal metropolita Onufrij (sulla situazione dell'ortodossia in Ucraina, leggi qui). (da Kathpress; trad. it. e adat. P. Tognina)