Diverse realtà ecclesiastiche chiedono aiuti umanitari, ricollocamento dei minori e ricongiungimenti famigliari
(gc/pt) Alla luce di quanto sta succedendo sulla frontiera tra Grecia e Turchia, ma anche nella provincia di Idlib in Siria - l’Unicef parla di circa 600'000 bambini sfollati -, diverse realtà ecclesiastiche hanno richiamato i governi e l’Unione europea UE ad onorare i propri obblighi.
Reazioni internazionali
“Rifugiati e migranti non sono dei missili da lanciare contro il nemico, ma sono bambini, donne e uomini, molti dei quali sono in fuga dagli orrori della guerra in Siria", ha detto il segretario generale del consiglio ecumenico delle Chiese CEC, il pastore Olav Fykse Tveit.
“Sollecitiamo la solidarietà e il rispetto dei diritti umani e della dignità” ha dichiarato Jørgen Skov Sørensen, segretario generale della Conferenza delle Chiese Europee KEK. “Nessun essere umano, nessun migrante o rifugiato dovrebbe essere uno strumento in un gioco politico”.
"Gas lacrimogeni, getti d'acqua e respingimenti operati con l'intervento dell'esercito sono indegni dell'Europa insignita del Premio Nobel per la pace", ha scritto il presidente della Chiesa evangelica in Germania EKD, Heinrich Bedford-Strohm. L'Europa chiude le proprie frontiere "rinnegando i propri principi e la sua tradizione cristiana e umanitaria". La situazione, ha detto ancora il vescovo luterano, "è il risultato dell'incapacità dell'Europa di dotarsi di un sistema comune d'asilo".
Scintilla siriana
I punti nevralgici, sulla carta geografica, sono Edirne e Kastanies, lungo il fiume Evros che segna il confine tra Turchia e Grecia, ma anche le isole greche di Lesbo e Samos nel Mar Egeo.
Decine di migliaia di profughi siriani - ma anche afghani, iracheni, pachistani -, bloccati in Turchia da anni, premono sulla frontiera e chiedono di poter entrare in Grecia. Tutto si è messo in moto dopo l’annuncio del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan relativo ad una presunta riapertura dei confini verso l’Europa, annuncio arrivato dopo che una trentina di soldati turchi erano stati uccisi vicino a Idlib, l’unica zona della Siria ancora sotto il controllo dei ribelli, dove la Turchia sta cercando di fermare l’avanzata del regime siriano e del suo principale alleato, la Russia.
Disastro umanitario
La Grecia non ha nessuna intenzione di accogliere i profughi e ha militarizzato la frontiera. Le immagini provenienti da Edirne e da Lesbo testimoniano di una situazione di altissima tensione: gas lacrimogeno, fili spinati, arresti, spari contro i migranti. Le forze di sicurezza greche, spalleggiate da squadre di neofascisti provenienti anche da diversi paesi europei, hanno messo in campo tattiche di respingimento che sono costate la vita finora ad almeno due persone.
Tensione sulle isole greche
In pessime condizioni igieniche e sanitarie e con una limitatissima assistenza, decine di migliaia di persone affollano i campi di raccolta sulle isole dell'Egeo. A Lesbo la situazione umanitaria dei campi profughi è insostenibile. Una delegazione della società civile tedesca, composta da esponenti della Chiesa evangelica in Germania EKD, dei comuni tedeschi e dell'organizzazione Seebrücke, ha effettuato una visita, la scorsa settimana, al termine della quale ha diffuso una "Dichiarazione" in cui punta il dito contro l’accordo tra l’UE e la Turchia del 2016 per la gestione dei profughi.
“Ci sono molte città, comuni e province, parrocchie e gruppi della società civile in Germania che vogliono aiutare, ma sono impediti dal poterlo fare. Non esiste un meccanismo europeo per la ridistribuzione dei rifugiati nell'UE”, si legge nella Dichiarazione di Lesbo, che parla di una “catastrofe umanitaria politica”, chiedendo l’immediata chiusura dei campi di “non-accoglienza” e un riallineamento del sistema europeo di asilo che “non deve in alcun caso basarsi sull'Accordo UE-Turchia”. Al proprio governo chiedono di finalizzare rapidamente i ricongiungimenti famigliari per i rifugiati intrappolati in Grecia con i loro parenti in Germania. Inoltre, chiedono l'immediato ricollocamento di tutti i minori rifugiati non accompagnati in altri paesi della UE.
Responsabilità europea
Una dura condanna dell’Accordo con la Turchia costato 6 miliardi di euro all’UE è stata espressa dalla Diaconia valdese, che da quattro anni collabora con il progetto ecumenico dei “corridoi umanitari” promosso dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia FCEI e dalla Comunità di Sant’Egidio, in particolare nell’accoglienza di famiglie siriane dal Libano.
La Diaconia valdese ha diffuso una dichiarazione in cui punta il dito sulle politiche europee di migrazione: “Chi quel denaro lo ha pagato e chi lo ha ricevuto è responsabile dell'attuale tragedia. Questi patti esiziali durano per i tiranni il tempo necessario ai loro giochi di potere; non offrono garanzie alle persone costrette a lasciare le loro terre a causa dei conflitti; non servono all'Europa a controllare i confini”.
Alle dichiarazioni della Diaconia valdese ha fatto eco il pastore Luca Maria Negro, presidente della FCEI. "Quello che accade ai confini dell’Europa, in Grecia e Turchia, sfida la coscienza morale e giuridica dell’Europa e spinge la società europea e quindi anche le chiese a un nuovo grande impegno nei confronti di profughi ogni giorno più vulnerabili", ha dichiarato Negro. "Per questo, come protestanti e come cittadini europei, rivolgiamo un pressante appello alle istituzioni nazionali e sovranazionali perché elaborino un piano d’intervento che consenta almeno ai soggetti più vulnerabili oggi concentrati in Grecia di ricollocarsi in altri paesi europei".
La Conferenza delle Chiese Europee KEK e la Commissione delle Chiese per i Migranti in Europa CCME hanno espresso profonda preoccupazione per le crescenti tensioni al confine UE-Turchia. “Dobbiamo trovare risposte operative che comportino il rispetto della dignità umana e del diritto d’asilo, come stabilito dall’articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE e dalla vigente normativa UE in materia di asilo”, ha affermato Torsten Moritz, segretario generale della CCME. “Invitiamo l’UE e i suoi Stati membri ad estendere finalmente la solidarietà ai paesi e alle persone alle frontiere esterne dell’UE. Deve essere garantito un accesso sicuro alla protezione, un’accoglienza dignitosa e il trasferimento di questa persone”.
Reazioni in Svizzera
Il presidente della Chiesa evangelica riformata in Svizzera, Gottfried Locher, ha twittato un breve appello "a non voltare lo sguardo dall'altra parte di fronte al dramma dei profughi". La Conferenza dei vescovi cattolici, dal canto suo, ha espresso la propria preoccupazione per la situazione e l'apprezzamento per le intenzioni manifestate dalle autorità elvetiche di voler accogliere dei minori provenienti dalle regioni di crisi.
L’ente umanitario delle chiese evangeliche in Svizzera HEKS rilancia la raccolta fondi a favore della popolazione civile in Siria e per i profughi in Libano. Insieme a partner locali (il Patriarcato greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l'Oriente e la Mezzaluna Rossa Araba Siriana) la HEKS sta fornendo aiuti d'emergenza a oltre 20.000 persone che hanno dovuto fuggire dai recenti combattimenti. “È ancora inverno - fa notare la HEKS -, fa freddo e alla gente manca tutto. Forniamo beni di prima necessità per circa CHF 150'000. Saranno distribuiti pacchi alimentari e articoli per l'igiene”.