Comprendere Gaza

Contesto politico e sfide teologiche

14 ottobre 2024  |  Mike Ferguson

Mitri Raheb, palestinese, teologo e pastore luterano

(pns/ve) Recentemente, alla New York Avenue Presbyterian Church di Washington, D.C., nell'ambito del McClendon Scholar Program, il teologo e pastore luterano Mitri Raheb, fondatore e presidente dell’unica università di arti e cultura della Palestina, la Dar al-Kalima University di Betlemme (Cisgiordania), ha tenuto un’appassionate e appassionata relazione (rivedi qui in inglese il suo intervento dal titolo "Comprendere Gaza: contesto politico e sfide teologiche"). La pastora Sarah Johnson della New York Avenue Presbyterian Church, lo ha presentato dicendo: "Il suo motto è: ‘La speranza è ciò che facciamo’. Mi ha sfidata a rimescolare e ricalibrare le mie narrazioni”.

Da autoctoni a stranieri

La famiglia di Mitri Raheb vive a Betlemme da millenni. Usa l'espressione "colonialismo d'insediamento per inquadrare ciò che sta accadendo nella sua patria. Questo tipo di colono intende restare sul posto "per sempre", ha detto: "Lo scopo ultimo è di sostituire la popolazione indigena, non di convivere con essa". Gli autoctoni diventano stranieri e i coloni diventano più simili ad autoctoni, ha proseguito. A questo scopo deve essere creato uno Stato di polizia dotato di poteri più ampi, anche in materia civile.
Il pastore Raheb ha proseguito descrivendo le cinque fasi del colonialismo in Palestina dal 1948: piantare i semi, prendere la terra, estendere i confini, negoziare un compromesso e sigillare il progetto coloniale, che è ciò che sta accadendo adesso, ha detto Raheb. "Da palestinese i cui antenati vivono lì da migliaia di anni, sono uno straniero. Non ho diritti in questa terra e non mi è consentito contestarlo”. E del governo israeliano ha detto: "Sono orgogliosi di essere uno Stato coloniale d'insediamento”. E riferendosi all’attuale guerra nella Striscia di Gaza ha aggiunto: “L'idea è quella di rendere invivibile la vita a Gaza. Gli abitanti della Striscia non avranno altra scelta che essere sfollati e cercare rifugio altrove".

Sfide teologiche

Mitri Raheb si è quindi concentrato sulle cinque sfide teologiche che sta affrontando:

  • La questione di Dio e dell'umanità. Le persone che sentono la pressione di una forza d'occupazione chiedono spesso: "Dio, dove sei?". A Gaza, secondo Raheb, dicono invece: "Dio è il mio difensore. Dov'è il mondo arabo? Il mondo musulmano? La chiesa?". Non si sentono abbandonati da Dio. Si sentono abbandonati dall'umanità e il silenzio del mondo è assordante, ha detto. "Dobbiamo riflettere su ciò che questo significa, quando le persone perdono la fede nell'umanità. È molto più dura che perdere la fede in Dio".
     
  • La questione dei diritti umani. Notando il sostegno di cui l'Ucraina gode a seguito dell'invasione russa, "i palestinesi si chiedono se i diritti umani siano davvero universali", ha detto Raheb. I governi hanno finanziato iniziative per i diritti umani in tutto il mondo, ma quando siamo noi ad aver bisogno che vengano difesi i diritti umani, loro non ci sono", ha aggiunto.
     
  • La questione della "teologia del genocidio". Raheb ha osservato che alcuni primi ministri israeliani si sono paragonati a Giosuè, conducendo conquiste in nome di Dio.
     
  • Il Dio guerriero e lo Stato guerriero. “Mentre i teologi della liberazione guardano agli interventi liberatori di Dio nell'Esodo, Dio in quanto guerriero è più visibile in Giosuè e Giudici", ha detto Raheb.
     
  • Decolonizzare la Palestina e decolonizzare la Bibbia vanno di pari passo. "Abbiamo così tanto da fare come teologi, come politici e come esseri umani per portare giustizia, pace e riconciliazione al mondo - ha detto Raheb -. Dobbiamo porre fine al colonialismo d'insediamento, affinché israeliani, palestinesi, cristiani e musulmani possano condividere il paese su un piano di parità".

Occupazione e resistenza

Durante la sessione di domande e risposte che ha fatto seguito al suo intervento, Raheb ha sottolineato che "il nostro problema non riguarda la fede ebraica. Hanno fatto parte del popolo palestinese fino al 1948". Quando la gente parla di Dio che ha dato la terra di Palestina a Israele, "intende dire che sostiene il colonialismo d'insediamento", ha precisato. Inoltre ha ricordato alle centinaia di persone in collegamento online e a quelle presenti in chiesa che la storia della Palestina non ha avuto inizio con l'attacco di Hamas del 7 ottobre. "Ai tempi di Gesù la Palestina era sotto l'occupazione imperiale romana", ha detto Raheb. "Fino a quando ci sarà occupazione ci sarà sempre resistenza".

Combattere il terrorismo offrendo speranza

"La resistenza armata è la via migliore? Personalmente sono contrario alla resistenza armata", ha detto. "Il modo migliore per combattere il terrorismo è offrire speranza alla gente. Combattere il terrorismo con una maggiore potenza militare è controproducente. Crea più terrorismo".
Le persone in Israele "non vogliono chiudere le attività e andare a caccia di nemici a Gaza", ha detto Raheb. "Il paese sta perdendo le sue persone migliori su entrambi i fronti". Genesi 1 insegna che "siamo creati a immagine di Dio" e la maggior parte delle persone crede che gli esseri umani siano dotati di diritti inalienabili. "È questo di cui i palestinesi hanno sete", ha detto Raheb suscitando un appaluso.
Il suo ultimo libro, Decolonizing Palestine: The Land, the People, the Bible (Orbis Books), propone un’accurata analisi a chi cerca di capire le radici religiose del colonialismo d’insediamento e come i sionisti – ebrei e cristiani – usino una presunta rivendicazione della terra di Palestina per promuovere i propri programmi ideologici. “La terra di Palestina è colonizzata tramite l'uso di hardware militare giustificato da un software teologico”, scrive.

Decolonizzare la Bibbia

Alla domanda su: cosa possono fare le chiese?, Raheb ha risposto che ci sono "alcune chiese coraggiose negli USA che hanno parlato al potere dicendo la verità a chiare lettere e la Presbyterian Church è una di queste. Non sempre riconosciamo le buone cose che alcune chiese stanno facendo".
Raheb ha esortato i seminari teologici a proseguire gli sforzi volti a "decolonizzare la Bibbia" e ha incoraggiato i presenti a recarsi in Israele/Palestina appena ne avranno la possibilità. "Andare lì, è meglio che leggere 10 libri - ha detto -. Sensibilizzare la gente in Occidente è importante e questa conferenza è un esempio di ciò che una chiesa può fare". Oltre a ciò, "sostenete progetti concreti che contribuiscano alla resilienza del popolo". Ha definito i palestinesi "un popolo molto resiliente. Altri avrebbero rinunciato molto tempo fa. Fa parte del nostro DNA e dobbiamo celebrarlo, affinché non perdano la speranza e continuino a credere in una pace giusta per tutti". (Da: Presbyterian News Service; trad.: M. G. Schmitt)

Decolonizzare la Palestina

Decolonizzare la Palestina: questo il titolo di un ciclo di studi biblici proposti dal pastore Mitri Raheb il 24 e 31 ottobre e il 7 e 14 novembre, che si terranno in lingua inglese. (Per iscriverti clicca qui, riceverai un link per partecipare all’incontro sulla piattaforma Zoom).

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