Anziani. Culture diverse medesima vecchiaia

La percezione delle persone anziane si basa spesso su stereotipi tenaci

03 marzo 2021  |  Matthias Wirz

(foto di Mari Lezhava)

“La vecchiaia non esiste! Ciò che esiste è il trattamento particolare che una cultura riserva alle proprie persone anziane”, afferma Léandre Nshimirimana, psicologo burundese, attivo in Belgio. Nelle società tradizionali dell’Africa precoloniale, prosegue, “le persone anziane godevano di un grande rispetto e di ampi privilegi”. Tuttavia con l’arrivo dei nuovi valori occidentali gli anziani si sono trasformati in vittime sociali: un “naufragio” in cui le persone anziane “pagano sempre il tributo più pesante”.

L'Occidente disprezza gli anziani?

Allo stesso modo anche in India la struttura sociale tradizionale prevedeva un’integrazione dei più anziani: giunti all’età adulta i figli continuavano a vivere a casa dei propri genitori o dei suoceri per poi prendersi cura di loro durante la vecchiaia. Un recente articolo della rivista dell’Organizzazione internazionale del lavoro fa notare che questa attenzione per le generazioni anziane viene meno con l’evolversi della situazione economica del paese e ciò fa sì che in India molti anziani e anziane si ritrovino a vivere in condizioni di grande precarietà.
L’Occidente sarebbe dunque responsabile di una discriminazione della vecchiaia?

La società moderna avrebbe sostituito il rispetto degli anziani con il disinteresse e persino la segregazione?

Concezione universale della vecchiaia

Uno studio realizzato una dozzina di anni fa da un gruppo internazionale di psicologi che hanno analizzato ventisei culture di sei continenti mostra che esistono in realtà percezioni ampiamente condivise concernenti gli anziani. Malgrado differenze profonde tra le società occidentali e quelle dell’Africa e dell’Asia, si ritrovano modelli di comunicazione intergenerazionale molto simili che suggeriscono l’effettiva esistenza di stereotipi universali concernenti l’età.
L’antropologia ha dimostrato che numerose società non associano l’anzianità a una riduzione dell’autonomia funzionale e a problemi di salute come avviene nella maggior parte delle società occidentali, ma piuttosto a un cambiamento di status e di ruolo sociale all’interno del gruppo.

L'antropologia mette anche in discussione una visione a volte idealizzata del trattamento sociale dell’anziano nelle società non occidentali.

 — Frédéric Balard

Abbattere i pregiudizi

“Bisogna abbattere il luogo comune di una società occidentale che discriminerebbe gli anziani a differenza di ciò che accadrebbe in altre culture”, sostiene la sociologa Cornelia Hummel, dell’Università di Ginevra. Secondo lei, al contrario, l’instaurazione di un sistema pensionistico nelle nostre società costituisce una “discriminazione positiva” che pone le persone anziane in una situazione privilegiata. Ma questa medaglia rivela a volte il suo rovescio: una sensazione soggettiva di isolamento per coloro che hanno cambiato il proprio status sociale in questo modo.
Lo psicologo Christian Maggiori, docente della Scuola universitaria professionale di scienze sociali di Friburgo, aggiunge: “In realtà anche nei contesti in cui le persone anziane sono circondate da un grande rispetto, come per esempio in Giappone, è presente un certo ‘ageismo’ nei loro confronti”. Questo atteggiamento di denigrazione si basa su pregiudizi acquisiti nel corso dell’infanzia. “Quando si incontra una persona debole d’udito si immagina erroneamente che non sia più in grado di comprendere in modo responsabile”.
Tali percezioni si basano in fondo su una costante universale: siccome si teme la morte si ha la tendenza a mettere da parte le persone anziane, che vi si stanno avvicinando. Tuttavia, riconosce Cornelia Hummel, “nessuna società vede questo limite in modo positivo”. (da Réformés; trad. it. G. M. Schmitt)

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