Un nuovo progetto pilota tedesco, ispirato ai “corridoi umanitari” italiani, promuove l'integrazione
(Gaëlle Courtens) In Germania sta per partire un progetto pilota per l’accoglienza e l’integrazione di rifugiati, progetto basato sulla collaborazione tra istituzioni governative e società civile. Si chiama NesT, nido, ed è l’acronimo per “Neustart im Team” (ripartire in squadra).
Il nuovo progetto, che va ad affiancarsi ai reinsediamenti governativi già esistenti nel quadro dell’Unione europea, è ispirato ai “corridoi umanitari” lanciati quattro anni fa in Italia (progetto vincitore del Premio Nansen 2019 dell’UNHCR per la regione europea).
“NesT” è indirizzato a rifugiati “particolarmente vulnerabili”: donne in gravidanza, mamme con bambini piccoli, persone disabili o malate.
Un progetto evangelico
Fortemente voluto dalla Chiesa evangelica della Vestfalia (EKvW) - che in questi anni ha seguito da vicino il progetto italiano promosso dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), la Tavola valdese e la Comunità di Sant’Egidio - “NesT” permetterà a 500 rifugiati, bloccati nei campi profughi in Egitto, Giordania, Libano ed Etiopia, di essere accolti e accompagnati da un gruppo di almeno cinque persone secondo un modello di sponsorship privata. Ogni beneficiario o nucleo famigliare che arriverà in Germania sarà affidato ai suoi “mentori”, che - previa frequentazione di un corso specifico - si impegnano a seguire i rifugiati per un anno e a sostenerli finanziariamente per almeno due.
La selezione dei beneficiari, proposti in loco dall’UNHCR, è affidata al Dipartimento federale per la migrazione che lavora in stretta collaborazione con il Ministero degli Affari esteri e le rappresentanze tedesche dei rispettivi paesi.
Solidarietà con i rifugiati
“Qui da noi molte persone hanno voglia di aiutare i rifugiati e sono disposte anche ad impegnarsi mettendoci delle risorse”, spiega il sovrintendente della EKvW, pastore Ulrich Möller, tra gli ideatori del progetto “NesT”, promosso insieme alla Chiesa evangelica in Germania (EKD), la Diakonie Deutschland, la Caritas e la Croce Rossa.
“La nostra Landeskirche [chiesa regionale, ndr.] - aggiunge Möller - vanta molti anni di esperienza nel settore e può mettere a disposizione il suo know-how”. Parla di “variante tedesca” dei corridoi umanitari, il teologo Möller, indicando tuttavia la diversità dello status delle persone beneficiarie del “NesT”: “Qui i rifugiati selezionati dall'UNHCR arrivano già con uno status di soggiorno sicuro. Non sono richiedenti l’asilo come nel caso del progetto italiano, e non devono affrontare prima la trafila per ottenere la protezione internazionale. Così il loro processo di integrazione può iniziare subito, non appena arrivano”.
In occasione del recente Sinodo delle chiese metodiste e valdesi a Torre Pellice (Piemonte), la presidente della EKvW, pastora Anette Kurschus, aveva annunciato il progetto “NesT”, frutto della virtuosa sinergia tra società civile ed istituzioni governative che permette di dare spazio alla solidarietà e alla speranza: un modello che l’EKvW negli scorsi anni ha avuto modo di conoscere in modo approfondito grazie a reiterati incontri con chiese ed istituzioni italiane.
Aiuto delle chiese
Per facilitare l’avvio del programma di integrazione “NesT” l’EKvW ha approvato un fondo di 425.000 euro. Le risorse necessarie ai mentori possono così essere subito anticipate. Il 70% è pensato come prestito a tasso zero, il 30% come sussidio a tutti gli effetti. Gli enti statali preposti, invece, garantiscono il sussidio che spetta ad ogni rifugiato in Germania, ma coprono anche il costo del riscaldamento. Per ora 25 gruppi di mentori (13 dei quali nel quadro della EKvW) hanno già frequentato il corso obbligatorio e sono in attesa di capire chi verrà loro affidato.
“Certo, 500 persone sono una goccia nel mare - ammette Ulrich Möller - tuttavia per persone vulnerabili in fuga, il programma ‘NesT’ può essere un salvavita. Per noi che vogliamo onorare i valori fondanti dell’Unione europea, è un piccolo progetto che ci permette di non perdere la nostra anima. E come cristiani è un modo di testimoniare ciò in cui crediamo”.