Contro l'esportazione d'armi

In Svizzera creato un comitato per la raccolta delle firme contro l'allentamento delle norme in materia di esportazione di armi da guerra

10 settembre 2018

(ve) Cresce l'opposizione, in Svizzera, contro la proposta del Consiglio federale di allentare le norme in materia di esportazione di armi da guerra. Un comitato composto da esponenti di varie formazioni politiche, della società civile e di ambienti cristiani, ha mosso i primi passi per avviare una raccolta di firme a sostegno di un'iniziativa popolare. Il comitato si definisce "Coalizione contro l'esportazione di armi verso paesi in guerra civile".

Gli interessi dell'industria
Il comitato denuncia il fatto che già oggi la Svizzera vende armi a paesi che sono impegnati in operazioni belliche. L'esempio citato è quello dell'Arabia Saudita, intervenuta nella guerra civile che dilania lo Yemen. Secondo i promotori dell'iniziativa, la monarchia saudita sarebbe responsabile della morte di migliaia di bambini nello Yemen. "Non contenta di ciò", afferma il comitato, "l'industria svizzera dell'armamento vuole ora esportare direttamente e in modo legale materiale bellico in paesi nei quali è in corso un conflitto armato".

Escluso il parere popolare
"Il Consiglio federale ha ceduto alle pressioni dell'industria delle armi e prima dell'estate, senza un processo di consultazione, ha deciso di facilitare la vendita di armi da guerra a paesi coinvolti in una guerra civile", prosegue il comitato. Nel frattempo le commissioni per la politica di sicurezza dei due rami del parlamento hanno approvato la decisione del Consiglio federale, senza che il Consiglio nazionale e il Consiglio degli stati siano stati coinvolti nel dibattito.
Già quattro anni fa le norme elvetiche in materia d'esportazione di materiale bellico erano state allentate per permettere la vendita di armi anche verso paesi in cui i diritti umani subiscono gravi violazioni. L'intento del comitato promotore del lancio dell'iniziativa è quello di impedire l'adozione delle più recenti facilitazioni, ma anche di ritornare sulla decisione del 2014.

Chiese e opinione pubblica
L'annuncio della decisione del Consiglio federale ha già suscitato vive reazioni, in Svizzera, negli ultimi mesi. Circa 150 pastori e pastore riformati di Zurigo hanno scritto una lettera aperta al Consiglio federale chiedendo di ritornare sulla decisione di vendere armi a paesi coinvolti in una guerra civile. Un appello video è stato lanciato anche dal pastore del Grossmünster, Christoph Sigrist, alla vigilia della riunione della commissione per la politica di sicurezza del Consiglio degli stati. Anche la Federazione delle chiese evangeliche in Svizzera (FCES) e la Conferenza dei vescovi svizzeri (CVS) hanno inviato una lettera di protesta al Consiglio federale. Il pastore Gottfried Locher, presidente della FCES, è intervenuto nei media per criticare la decisione.

Coalizione contro le armi
La Coalizione contro l'esportazione di armi verso i paesi in guerra civile è un'associazione composta da personalità del mondo politico, esponenti di associazioni umanitarie e di ambienti cristiani. Ne fanno parte Beat Flach (Verrdi Liberali), Therese Frösch (presidente di Helvetas), Martin Landolt (Partito Borghese Democratico), Lisa Mazzone (I Verdi), Priska Seiler Graf (Partito Socialista), Thomas Wallimann (presidente commissione Justitia et Pax), Lewin Lempert (Gruppo Svizzera senza Esercito), Marianne Streiff (Partito Evangelico) e Johannes Bardill (pastore della Chiesa riformata). Il comitato gode del sostegno di Amnesty Svizzera, SWISSAID, Terre des Hommes, le Donne evangeliche in Svizzera, Public Eye, WeCollect e il Consiglio svizzero per la pace.

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