La Cina vuole controllare i cristiani

Negli ultimi due anni i cristiani cinesi hanno sperimentato il potere di un governo sempre più determinato a esercitare il controllo sulla loro fede

28 settembre 2018

(Ian Johnson) Le autorità cinesi hanno demolito centinaia di chiese protestanti, abbattuto croci e sfrattato congregazioni. I cattolici romani hanno subito misure analoghe, ma recentemente il governo ha adottato nei loro confronti un approccio diverso, concludendo un accordo diplomatico che nelle parole dei funzionari vaticani rappresenta una svolta storica - il primo riconoscimento formale da parte di Pechino dell’autorità del papa sulle chiese cattoliche in Cina.
Ma l’obiettivo di Pechino sembra essere lo stesso perseguito con la demolizione delle chiese: un maggiore controllo sulla rapida diffusione del cristianesimo.

Pechino chiama Roma
“Siamo a una svolta”, ha detto Ying Fuk-tsang, direttore della facoltà di teologia all’università cinese di Hong Kong. “L’amministrazione sente che il governo è stato troppo lassista in passato e ora vuole aumentare la pressione”. In virtù dell’accordo firmato con le autorità cinesi, papa Francesco riconosce la legittimità di sette vescovi nominati da Pechino in cambio di una voce in capitolo sulle modalità di nomina dei futuri vescovi cinesi. Il partito comunista al governo considera il compromesso con il Vaticano un passo avanti verso l’eliminazione delle chiese clandestine rifugio dei cattolici cinesi che si rifiutano di riconoscere l’autorità del partito. Adesso che il papa riconosce tutti i vescovi e i membri del clero nelle chiese cattoliche ufficiali, approvate e controllate dal partito, la chiesa clandestina potrebbe non avere più ragione di esistere.

La bandiera su Shaolin
La mossa si inserisce in un più ampio sforzo da parte del governo di dare un giro di vite su ogni aspetto della società da quando Xi Jinping ha preso il potere come leader del partito nel 2012. Il signor Xi ha presieduto a una repressione di vasta portata contro la corruzione, le organizzazioni civiche e il giornalismo indipendente, ma il suo approccio nei confronti della religione è stato più selettivo. Con molti cinesi in cerca di valori e di tradizioni in mezzo a un periodo di cambiamento economico a volte confuso e caotico, il signor Xi ha incoraggiato la crescita di alcune religioni, come il buddismo e il taoismo, anche se ha adottato misure per assicurarsi che seguano la linea del partito. Il mese scorso il noto monastero cinese di Shaolin ha issato la bandiera nazionale per la prima volta nei suoi 1.500 anni di storia.

Islam e cristianesimo
Il signor Xi ha assunto una posizione molto più dura nei confronti dell’islam, che le autorità associano alla sfida di governare le minoranze etniche, alcune delle quali hanno abbracciato gruppi separatisti o terroristici nell’estremo ovest della Cina. Il governo detiene molti musulmani a fini rieducativi nel quadro del più radicale programma di internamento dall’epoca di Mao.
Il cristianesimo pone una serie differente di sfide. Si è diffuso con la massima rapidità tra i colletti bianchi delle maggiori città della Cina e delle regioni più prospere, molti dei quali praticano la propria fede nelle chiese clandestine al di fuori del controllo delle autorità, e le tattiche del governo riflettono i diversi destini dei suoi rami.

Cattolici clandestini
Il cattolicesimo mise piede in Cina quattro secoli fa e usufruì di un enorme vantaggio quando le forze militari occidentali chiesero a Pechino di consentire l’ingresso ai missionari. La chiesa cattolica aprì in tutto il paese chiese, scuole e ospedali.
Dopo la presa del potere da parte dei comunisti, nel 1949, la struttura gerarchia cattolica in Cina rivelò la propria debolezza. Quando nel 1951 vennero interrotti i rapporti diplomatici con il Vaticano, il governo cinese espulse centinaia di preti e vescovi stranieri. Assunse il controllo della struttura dall’alto verso il basso della chiesa e iniziò a nominare ecclesiastici fedeli alla sua visione di una chiesa senza legami con l’estero. Da allora il cattolicesimo in Cina ristagna. Il numero di cattolici ha seguito la crescita demografica, passando da tre milioni nel 1949 ai circa 10 milioni di oggi, facendone, a livello numerico, il fanale di coda delle fedi ufficialmente approvate in Cina.
Milioni di questi credenti resistono ostinatamente al controllo dal parte del governo. In alcune parti della Cina le popolazioni cattoliche di intere contee frequentano chiese clandestine e le chiese controllate dal partito restano quasi vuote, il loro clero ignorato.

L'accordo col Vaticano
Tutto questo potrebbe cambiare in virtù del riavvicinamento tra il Vaticano e Pechino. Diversi vescovi della  chiesa clandestina in Cina, tra cui due vescovi popolari in zone fortemente cattoliche del paese, dovrebbero dimettersi per lasciare il posto ai vescovi nominati da Pechino e che il papa ha accettato di riconoscere. In cambio il papa sta acquisendo un certo ruolo nella nomina di nuovi vescovi. Ancora non è chiaro come tutto ciò funzionerà, ma appare probabile la possibilità di un qualche sistema di veto informale. E a lungo termine i rapporti diplomatici tra Pechino e il Vaticano potrebbero essere ripristinati.
“Penso che se serve a unire la chiesa allora è una cosa buona”, ha detto You Yongxin, scrittore cattolico domiciliato a Fuzhou, città della Cina orientale. “Se il papa è convinto che questo accordo consentirà la nomina di buoni vescovi, dobbiamo fidarci di lui”. Per Paul Dong Guanhua, vescovo autoconsacratosi della chiesa clandestina della città di Zhengding, nella Cina settentrionale, è improbabile che Pechino abbia sottoscritto un accordo che potrebbe rafforzare la chiesa. Altri, come il cardinale di Hong Kong in pensione Joseph Zen, si sono espressi con vigore contro un accordo con Pechino, sostenendo che non ci si può fidare del Partito comunista.

Repressione contro i protestanti
La situazione è alquanto diversa per i protestanti cinesi, il cui numero è cresciuto da una stima di un milione di credenti nel 1949 ai 50 milioni di oggi, in parte perché l’assenza di una gerarchia ecclesiastica ha consentito una rapida espansione persino in tempi di persecuzione.
In assenza di un interlocutore diplomatico con cui negoziare, le autorità cinesi hanno adottato una tattica diversa: abbattere una piccola parte delle chiese per inviare un messaggio a molte altre.
La campagna ha avuto inizio nel 2014, quando la provincia di Zhejiang ha demolito una grande chiesa protestante e ha iniziato a rimuovere guglie da centinaia di altre. Al 2016 oltre 1.200 chiese, principalmente protestanti, erano state decapitate nello Zhejiang, nel quadro di uno sforzo apparentemente volto a ridurre la visibilità della religione.

Quest’anno il ritmo sembra aver subito un’accelerazione, con la chiusura o la demolizione di diverse chiese in altre parti del paese, tra le quali la Golden Lampstand Church nella provincia di Shanxi e la Zion Church, una grande chiesa non registrata di Pechino. Il governo ha pure messo al bando la vendita online della Bibbia e ha chiesto lo sviluppo di una teologia cristiana in stile cinese.
L’obiettivo sembra essere quello di spingere le chiese protestanti a registrarsi presso il governo. “Il messaggio è evidente", sostiene il professor Ying Fuk-tsang, "il governo non vuole permettere che quelle chiese siano indipendenti”. (da NYT; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

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