Fine del cristianesimo di massa?

Non si tratta soltanto di disaffezione nei confronti delle chiese, ad essere svanito è lo stesso orientamento religioso delle persone

26 agosto 2018

(Philip Jenkins) Uno stimato accademico britannico che studia lo stato della religione nell’Europa contemporanea, Stephen Bullivant, ha realizzato quello che è forse il ritratto più deprimente del presente e del futuro del cristianesimo nel Vecchio continente.
Sulla base dei dati emersi dall'European Social Survey (Indagine sociale europea), Bullivant ha pubblicato un breve rapporto, Europe’s Young Adults and Religion (“Giovani adulti europei e religione”), per coadiuvare i lavori del Sinodo dei vescovi cattolici che si riunirà a Roma in ottobre.
Il rapporto riguarda l’atteggiamento nei confronti della religione dei giovani adulti in età compresa tra i 16 e i 29 anni. I livelli di comportamento religioso e di interesse per la religione che descrive sono estremamente bassi nella maggior parte dei paesi.

Nella Repubblica Ceca il 91% dei giovani adulti dichiara di non avere alcuna affiliazione religiosa, l’80% non prega mai e il 70% non prende mai parte a funzioni religiose. Quel paese potrebbe costituire un’eccezione e invece anche la Gran Bretagna, i Paesi Bassi e la Svezia sono caratterizzati da livelli molto bassi di religiosità. Sebbene Bullivant non ponga l’accento sull’aspetto denominazionale, la situazione di gran lunga più cupa interessa i paesi che per secoli hanno costituito il cuore dell’Europa protestante. Soltanto il 7% degli interpellati inglesi si identifica come anglicano (la Chiesa di Stato), rispetto al 10% che si identifica come cattolico e al 6% come musulmano.

Certo che non prego. Ma sono domande da farsi?

Giovani disaffezionati
La categoria di coloro che “non pregano mai” è sorprendente, in quanto mostra che non abbiamo a che fare soltanto con persone di orientamento fondamentalmente religioso che hanno sviluppato disaffezione nei confronti di una determinata Chiesa di Stato. La popolazione che non prega comprende una solida maggioranza di giovani adulti in Francia, Spagna, Belgio e Ungheria. Il quadro che Bullivant presenta non è completamente negativo - mostra come la fede cristiana e la pratica religiosa siano ancora fiorenti in paesi come la Polonia, la Lituania, l’Irlanda e il Portogallo - ma la tendenza è evidente.
Più importante di qualsiasi statistica specifica è l’osservazione generale di Bullivant che “il cristianesimo come condizione predefinita, come norma, è scomparso e probabilmente per sempre - o almeno per i prossimi cento anni".

Presente e futuro delle chiese svizzere (Segni dei Tempi RSI La1)

L'avanzata della secolarizzazione
La nuova condizione comune, in Europa, è quella che porta ad affermare di non aderire a “nessuna religione”, e i pochi che sono religiosi sentono di nuotare controcorrente. Nella maggior parte degli Stati Uniti, la religione - e il cristianesimo in modo particolare - costituisce ancora l’impostazione predefinita e condiziona il modo in cui le persone rispondono alle domande dei sondaggi. Nella maggior parte dell’Europa, invece, quella condizione predefinita non esiste semplicemente più. A prescindere dall’appartenenza a una determinata chiesa, la religiosità non è più vista come normale o naturale - e qui ci troviamo di fronte a un cambiamento storico. La risposta comune europea potrebbe essere formulata nei seguenti termini: “Certo che non prego. Ma sono domande da farsi?”
Va notato che i dati forniti da Bullivant non preconizzano necessariamente la sostituzione di un’Europa cristiana con una islamica. Sebbene i musulmani siano ben rappresentati nello studio, è poco probabile che la loro fede continuerà a essere altrettanto vigorosa dopo qualche altro decennio nell’atmosfera molto secolare che ora prevale in gran parte del continente.

Cristianesimo e immigrazione
Prima di poter scrivere il necrologio per la fede in Europa è necessario che si verifichino alcune condizioni. Innanzitutto, lo studio non prende in esame l’intera popolazione ma soltanto i giovani adulti ed è dimostrato che gli adulti diventano più attivi religiosamente quando formano una famiglia.
Nel preconizzare il futuro della fede in Europa il tema che emerge con più forza è quello dell’immigrazione. In generale i migranti extraeuropei tendono a essere molto più religiosi degli europei di vecchia data e molti di questi nuovi arrivati sono cristiani. Una delle ragioni per cui la Repubblica Ceca è un baluardo della miscredenza è che ha pochi migranti extraeuropei. Sebbene la sua popolazione di immigrati sia numerosa, la grande maggioranza di questi arrivi proviene da altri Stati europei secolarizzati.
La Gran Bretagna, invece, ha moltissimi cristiani ferventi tra i nuovi arrivati dal sud del mondo, senza i quali Londra apparirebbe probabilmente radicalmente secolarizzata come Praga. Già un quinto dei cattolici del Regno Unito non è nato nel paese e il dato non tiene conto delle famiglie di seconda generazione. In Gran Bretagna e altrove la componente straniera e non nativa delle Chiese cristiane crescerà costantemente nel corso dei prossimi anni.

Gli adulti diventano più attivi religiosamente quando formano una famiglia

Le chiese europee sopravviveranno
Bullivant non offre programmi radicali per una ricristianizzazione o per una nuova evangelizzazione. La sua lezione più importante è che le Chiese non possono in alcun modo presumere che nelle società europee persista un nucleo di credenze e conoscenze cristiane. L’era del cristianesimo di massa - o della fede come condizione predefinita - è morta. Le Chiese europee sopravvivranno, ma come comunità molto più piccole e più devote. Dovranno imparare a operare in una società che non sa più bene che cosa farsene di loro e del loro strano modo di vivere. Proprio come nei primi secoli del cristianesimo. (in christiancentury.org; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

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