Donne musulmane alla riscossa

#MosqueMeToo dà alle donne musulmane una voce per denunciare le molestie sessuali alla Mecca

08 aprile 2018

(Malaka Gharib) Vestita con un hijab e coperta dalla testa ai piedi, sentì qualcosa. Qualcuno, un uomo, l’aveva afferrata per il sedere e non intendeva mollare la presa. Il pellegrinaggio alla Mecca, chiamato hajj, doveva essere il momento più sacro della vita di Mona Eltahawy. All’età di 15 anni aveva intrapreso quel viaggio con la sua famiglia. La magnificenza della Grande Moschea le aveva tolto il fiato. Ma quell’uomo trasformò il viaggio in un incubo. Invece di denunciarlo alle autorità, la giovane scoppiò semplicemente a piangere. “Chi vuole parlare di aggressione sessuale in un luogo sacro? Nessuno ci crederà”, dice ricordando il fatto, avvenuto nel 1982.

Mona Eltahawy

Hashtag contro le molestie
All’inizio di febbraio Eltahawy, attivista e giornalista egiziana-americana, autrice di Headscarves and Hymens: Why the Middle East Needs a Sexual Revolution (“Veli e imene. Perché il Medio Oriente necessita di una rivoluzione sessuale”), ha condiviso questa storia su Twitter. Lo ha fatto reagendo al post su Facebook di una donna pakistana che aveva condiviso la propria esperienza di aggressione sessuale durante il pellegrinaggio alla Mecca. Quel post è stato di ispirazione a un fiume di testimonianze simili da parte di donne musulmane di tutto il mondo.
La conversazione è poi proseguita su un tweet postato da Eltahawy e condiviso oltre 2.500 volte. Dopo avere letto centinaia di altre storie, la Eltahawy ha invitato le donne a usare il nuovo hashtag #MosqueMeToo per organizzare la discussione.

Rothna Begum

Violenza e pregiudizio
Quello delle aggressioni sessuali durante il pellegrinaggio alla Mecca non è un fenomeno nuovo. “Senza dubbio accade ed è accaduto, ma non sappiamo quanto sia diffuso”, dice Rothna Begum, ricercatrice sui diritti delle donne in Medio Oriente e Africa del nord per Human Rights Watch. “Data la natura di tabù delle molestie sessuali, le donne probabilmente non le denunciano”.
Molte donne temono che parlare apertamente delle molestie subite possa dare all’opinione pubblica un motivo per “biasimare ulteriormente i musulmani”, afferma Daisy Khan, direttrice esecutiva della Women's Islamic Initiative in Spirituality and Equality (“Iniziativa islamica delle donne per la spiritualità e l’uguaglianza”).

Daisy Khan

Durante il tawaf , sostiene Mona Eltahawy, molte donne subiscono molestie

Da Hollywood alla Mecca
Eltahawy pensa che #MeToo, il movimento per decretare la fine delle molestie sessuali sul posto di lavoro, abbia aiutato le donne musulmane a sentirsi sufficientemente a proprio agio per aprirsi riguardo agli abusi subiti. “La gente presta attenzione a ciò che fanno celebri attrici di Hollywood. Ma #MeToo deve essere a disposizione di tutte, non soltanto di donne ricche, famose e bianche”. Per questo ha dato il via a #MosqueMeToo, afferma. “Volevo che fosse uno spazio in cui le donne potessero condividere le nostre storie legate all’hajj e allo spazio musulmano”.

Denunce senza precedenti
L’hajj è uno dei cinque pilastri dell’islam. Richiede che ogni musulmano fisicamente sano ed economicamente in grado compia il viaggio alla Mecca almeno una volta nella vita. In questa circostanza uomini e donne eseguono un rituale chiamato tawaf: pregando girano sette volte intorno alla Kaaba, una struttura cubica rivestita di nero posta al centro della Grande Moschea. Si ritiene che la Kaaba abbia avuto per secoli funzione di santuario.
È durante il tawaf che molte donne subiscono palpeggiamenti, sfioramenti e brancicamenti, afferma Eltahawy. “C’è una gran folla. In qualsiasi momento ci sono migliaia di uomini e di donne [che girano intorno alla Kaaba contemporaneamente]”.
Le testimonianze sui social media sono senza precedenti, dice Begum. “È la denuncia di qualcosa su cui si taceva. Queste donne hanno coraggio a farsi avanti”. Ma non è chiaro se riusciranno a influenzare le autorità dell’Arabia Saudita, che è responsabile della moschea.

La Mecca, Arabia Saudita

Reazioni del governo saudita
In Arabia Saudita, dove vige la sharia, la legge islamica, è stata appena adottata una nuova legge che intende far fronte alla questione delle molestie sessuali, afferma Begum. Varata a dicembre del 2017, la legge stabilisce che chi viene riconosciuto colpevole di un comportamento di questo genere può essere soggetto a pene che vanno dalla fustigazione alla detenzione. Le autorità saudite hanno definito le molestie una “contraddizione dei principi dell’islam”.
Secondo Fatimah Baeshen, portavoce della Reale Ambascita dell’Arabia Saudita a Washington, D.C., la legge sulle molestie fa parte di una più ampia gamma di riforme in corso nel paese nell’ambito del programma denominato Vision 2030, che “riequilibra la situazione e agevola i progressi delle donne”. Considerato il più ampio accesso delle donne saudite allo spazio pubblico, “il governo si sta adoperando attivamente per garantire che insieme a una maggiore mobilità le donne si sentano anche sicure”, dice Baeshen.

Fatimah Baeshen

Attiviste musulmane come Khan sperano che #MosqueMeToo riesca a innescare il cambiamento. “Ho visto cose nell’hajj che mi disturbano”, dice. “Devono essere adottate misure [per proteggere le donne]. Non c’è posto per certe cose”. Tuttavia teme che religiosi musulmani conservatori possano distorcere #MosqueMeToo a danno delle donne. “C’è il pericolo che possa essere usato come pretesto per separare gli uomini dalle donne e ciò sarebbe un disastro. Preghiamo nello stesso spazio insieme da oltre 1.400 anni”, dice. Nel 2006 le autorità saudite hanno tentato di limitare l’accesso delle donne alla parte più sacra della Grande Moschea, ma hanno dovuto fare i conti con le proteste di vari gruppi islamici, tra cui quello di Khan.

Saba Ghori

Leader islamiche come Saba Ghori considerano #MosqueMeToo una sorta di sveglia. Ghori è presidente del Consiglio di Peaceful Families Project (“Progetto famiglie pacifiche”), un gruppo che si adopera per la prevenzione della violenza di genere nelle famiglie musulmane.
Ghori dice che il suo gruppo intende “sollevare costantemente la questione [delle molestie sessuali] nella comunità musulmana” mediante programmi di formazione e di istruzione, coltivando il sostegno di imam e alleati di sesso maschile e aiutando le donne che fanno sentire la propria voce a chiedere giustizia.
Eltahawy ha un suo consiglio da dare. “Le autorità saudite dovrebbero insistere affinché l’imam della Grande Moschea pronunci un sermone rivolto ai musulmani di tutto il mondo nel quale affermi che è vergognoso molestare le donne e che questo deve finire”, afferma. “E i poliziotti sauditi devono essere formati per gestire le denunce e non aggredire le donne musulmane”, aggiunge. (www.npr.org)

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