La Svizzera respinge migranti in Libia

La Confederazione ha versato alla guardia costiera libica un milione di franchi

08 aprile 2018

(Stéphane Herzog) Un milione di franchi per la guardia costiera libica. È questa la somma che la Svizzera ha stanziato nell’ambito di un programma europeo dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni OIM. “Presso le autorità competenti per il salvataggio in mare e la migrazione sono stati completati tre moduli di formazione”, ha riferito Emmanuelle Jaquet von Sury, portavoce del Dipartimento federale di giustizia e polizia DFGP. “Particolare attenzione è stata rivolta alla registrazione dei migranti dopo il salvataggio in mare, in modo da assicurarne l’ulteriore rintracciabilità anche nei centri di detenzione”.

Monitoraggio del programma
La guardia costiera ha ricevuto attrezzature di salvataggio per un totale di 2.500 pezzi, tra cui giubbotti di salvataggio, kit di pronto soccorso e coperte, ha informato il DFGP. La Svizzera non è presente in loco per monitorare il funzionamento del programma, “ma la presenza di rappresentanti dell’OIM e dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati UNHCR nella maggior parte dei porti a ovest di Tripoli garantisce sostegno e una certa protezione durante gli sbarchi e in particolare nella registrazione e nell’individuazione di casi particolarmente vulnerabili”, assicura la portavoce. Tuttavia: “La situazione di conflitto in Libia limita talvolta la mobilità dei collaboratori dell’OIM e rende più difficile l’attuazione dei progetti”.

Guardia costiera libica vs. Sea Watch (video)

Ricatti e intercettazioni dall’esito fatale
Alcune ONG accusano la guardia costiera libica di prendere parte al ricatto perpetrato nei confronti dei migranti. L’equipaggio della guardia costiera libica GCL sarebbe persino all’origine di casi di annegamento, secondo un rapporto di Amnesty International reso pubblico a fine 2017. Il rapporto cita l’episodio del 6 novembre, in cui le manovre di una fregata della guardia costiera avrebbero provocato l’annegamento di circa 50 persone.
Il DFGP spiega che non vi sono informazioni ufficiali a conferma dell’episodio. “Tuttavia il numero allarmante di incidenti nel Mediterraneo, con 2.832 morti nel 2017, ci obbliga a dare il nostro contributo per una migliore protezione dei migranti. Il progetto di salvataggio in mare è stato avviato per perseguire questo obiettivo umanitario”, ha proseguito von Sury.
Secondo Amnesty “gli Stati europei sono perfettamente al corrente delle gravi violazioni dei diritti umani in atto in Libia e ciò nonostante hanno deciso di arginare la migrazione con il sostegno delle autorità libiche. Impedendo le traversate trattengono migliaia di persone in un paese in cui gli abusi sono all’ordine del giorno e dove le possibilità di avere protezione sono scarse o inesistenti”.

“Le persone soccorse in mare ci dicono che preferirebbero morire piuttosto che ritornare nei campi di detenzione in Libia”, ha riferito Caroline Abu Sa’Da, direttrice dell’associazione SOS Méditerranée Suisse, che partecipa alle operazioni di salvataggio dell’Aquarius. Secondo il suo giudizio non ci può fidare della GCL. “Che cos’è poi quella guardia costiera? Più che altro milizie che intercettano le imbarcazioni di migranti in mare e, talvolta persino impedendo le operazioni di soccorso di una ONG, li riportano nei centri di detenzione, dove le condizioni sono mostruose. La Svizzera non può chiudere un occhio e accontentarsi che queste unità tirino fuori le persone dall’acqua”.

Le persone soccorse in mare ci dicono che preferirebbero morire piuttosto che ritornare nei campi di detenzione in Libia

Complicità negli abusi
La Svizzera, quale organizzatrice del terzo incontro del Gruppo di contatto per il Mediterraneo centrale, svoltosi a Berna a novembre 2017, “aderisce a una politica europea repressiva, il cui scopo è impedire l’ingresso dei migranti in Europa”, sostiene Vincent Chetail, direttore del Centro per la migrazione globale presso l’Istituto di alti studi internazionali e sullo sviluppo di Ginevra. L’anno scorso l’UE ha stanziato 46 milioni di euro per potenziare le capacità delle autorità libiche e sottolinea che questa politica ha portato a un numero di traversate significativamente minore nel corso dello stesso anno. Il DFGP afferma che grazie a questa strategia è stato possibile salvare 14.000 persone dal pericolo di naufragio. “La Libia non ha ratificato la Convenzione di Ginevra sui rifugiati e non è terra d’asilo. Non offre né sicurezza né protezione. Non c’è un ordine pubblico e i fondi stanziati vengono deviati”, afferma il professore di diritto internazionale, secondo il quale l’Europa si rende in questo modo complice degli abusi.

Corridoi umanitari in Libano (Segni dei Tempi RSI La1)

Costretti a traversate pericolose
Vincent Chetail lamenta una politica inefficiente che accresce i rischi. “Le traversate dalla Libia o dalla Tunisia sono le più agevoli. Se le si blocca il flusso di migranti si sposterà altrove e in questo modo aumenterà il rischio di traversate potenzialmente letali”.
Il fondatore del Centro per la migrazione globale è dell’opinione che stia circolando un’immagine distorta dei flussi migratori. Nel 2015 il numero dei richiedenti l’asilo in Europa è salito a 1,2 milioni, pari allo 0,2 percento della popolazione europea e si trattava di un picco statistico. Non si può quindi parlare di afflussi massicci. La vera sfida consiste nel contribuire alla ricostruzione della Siria e nel ripensare la politica migratoria, in particolare aprendo vie d’accesso legali all’Europa”. Amnesty International rileva che tra il 2015 e il 2017 oltre un milione e mezzo di persone hanno scelto la via del Mediterraneo e la conseguenza sono stati 10.000 morti. Secondo l’OIM in Libia si trovano 400.000 esuli e circa 20.000 di essi sono migranti in stato di detenzione.

Al terzo incontro del Gruppo di contatto svoltosi a Berna a novembre 2017 era presente, oltre all’UNHCR e all’OIM, anche il Comitato internazionale della Croce Rossa, che ha visitato i centri di detenzione in Libia. I suoi rappresentanti hanno osservato: “Lo scopo di una politica migratoria deve essere anche quella di contenere la detenzione come mezzo per gestire la migrazione e i maltrattamenti nei confronti dei migranti”. L’organizzazione ha raccomandato “una maggiore attenzione alla gestione delle spoglie così come dei dati dei defunti e agevolazioni nella trasmissione di informazioni su circostanze e luogo della scomparsa ai parenti dei dispersi”, ha affermato il portavoce Thomas Glass.
L’inverno nel Mediterraneo non ha fermato le traversate. Il 16 gennaio gli equipaggi dell’Aquarius hanno condotto cinque operazioni di salvataggio consecutive e hanno salvato la vita di 505 persone. Lo stesso giorno la guardia costiera italiana, che ha coordinato un totale di undici operazioni di salvataggio attraverso ONG e navi mercantili, ha calcolato che nello spazio libico sono state salvate 1.400 persone. “È impossibile coprire l’intera zona interessata dai soccorsi con le tre navi delle ONG che vi si trovano”, ha commentato SOS Méditerranée, rivolgendo un appello agli Stati europei affinché allestiscano una flotta di soccorso onde evitare le migliaia di morti annunciate. (da "Schweizer Revue"; trad. it. G. M. Schmitt)

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