Est e Ovest faticano a capirsi sui rifugiati

Trent’anni dopo il crollo della cortina di ferro c'è ancora un divario

04 marzo 2018  |  Stefan Schneiter

La crisi dei rifugiati divide l’Europa dal 2015. La questione di come gestire le centinaia di migliaia di rifugiati e migranti ha aperto fossati in particolare tra i Paesi dell’ovest e quelli dell’est. Ungheria, Repubblica Ceca e Polonia si rifiutano fermamente di accettare anche un solo rifugiato nell’ambito del sistema europeo di redistribuzione. A dicembre del 2017 la Commissione europea ha quindi deferito i tre Paesi alla Corte europea per mancata solidarietà nella crisi dei rifugiati. Il processo potrebbe durare anni.

Due anime divise
La divergenza di opinioni in materia di politica dei rifugiati è soltanto uno dei numerosi punti che dimostrano come l’Europa orientale e quella occidentale siano sotto molti aspetti estranee l’una all’altra. Il 20 gennaio scorso, l’Osteuropatag, la giornata dell’est europeo organizzata dall’Aiuto delle Chiese evangeliche svizzere (ACES/HEKS), ha approfondito proprio questo fenomeno sotto il titolo: “Motivi di irritazione tra est e ovest”.

Desiderio di sicurezza
Secondo lo storico svizzero dell’Europa orientale Oliver Jens Schmitt, docente all’università di Vienna, nel 2004 i Paesi dell’est europeo hanno aderito a una UE che ha fissato le regole unilateralmente. L’allargamento a est dell’UE non è stato una riunificazione dell’Europa dopo la fine della guerra fredda, ma un processo unilaterale di adattamento al quale i Paesi dell’est hanno dovuto sottostare. I nuovi Paesi hanno dovuto adottare standard in materia di economia e di Stato di diritto senza poter apportare i propri valori. L’Europa occidentale ha ignorato l’enorme bisogno di sicurezza che esiste nei Paesi dell’est, sicurezza che questi vedono minacciata dall’afflusso di rifugiati.

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Cristianesimo contro islam
“A est la massiccia immigrazione di musulmani non è vista come un movimento di profughi, bensì come un’enorme corrente migratoria proveniente dal mondo islamico”, afferma Schmitt. Paure comprensibili in una regione dell’Europa che ha sperimentato il dominio islamico ai tempi dell’impero ottomano. Inoltre il cristianesimo come pilastro della cultura e dell’identità europee ha nei paesi dell’est un’importanza maggiore di quanta ne abbia a ovest.

Ateismo e secolarizzazione
Alla giornata dell’Europa orientale anche Sándor Zán Fábián ha condiviso questa analisi. Secondo il vescovo della Chiesa riformata della Transcarpazia (Ucraina occidentale) nell’Europa dell’est i valori giudaico-cristiani sono molto più vivi che nell’Europa occidentale. Dopo decenni di dominio straniero da parte dell’ateismo comunista si è molto più consapevoli dell’essere cristiani e lo si esprime anche apertamente. Nel corso dell’incontro il vescovo Zán Fábián ha reso testimonianza diretta della propria incomprensione per il rapporto con la fede che vige qui da noi. “La fede in occidente è davvero molto debole se un evento come l'Europatag, qui a Zurigo, si svolge senza un momento di raccoglimento o una lettura biblica”, ha affermato visibilmente costernato.

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Politica di integrazione ingenua
Schmitt ha sottolineato come nell’Europa dell’est sia ampiamente diffusa la sensazione di non essere compresi, che i propri valori vengano ignorati e che siano i Paesi dell’Europa occidentale a decidere per loro. Due anni fa, ha ricordato Schmitt, un membro del governo ceco gli ha detto che il suo Paese era senz’altro disposto ad accogliere rifugiati, ma non voleva che ciò fosse imposto da Berlino.
Viceversa, in certi ambienti dell’Europa orientale non c’è alcuna comprensione per l’atteggiamento dell’Europa occidentale. Partendo dalla sensazione di trovarsi di fronte a un movimento migratorio di matrice islamica, reputano ingenua la politica di Bruxelles nei confronti dei rifugiati, che secondo loro sottovaluterebbe il “pericolo”. Intellettuali in buona fede si sono adoperati per l’integrazione e hanno preso il problema alla leggera. Schmitt, che si trovava in Romania al momento dell’apertura delle frontiere nel 2015, ha potuto constatare che lì molte persone erano convinte che dietro i flussi migratori ci fossero Putin e Erdogan, che miravano a destabilizzare l’Unione europea. Schmitt fa notare tuttavia che attori politici di primo piano come Orbán in Ungheria o Kaczynski in Polonia sono riusciti a mobilitare gli elettori con una politica dei rifugiati improntata al rigore. (da reformiert.; trad. it. G. M. Schmitt)

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