Riformare il mondo musulmano?

Si sente dire e si legge regolarmente che il “mondo musulmano” dovrebbe riformarsi. Ma le cose, come spesso accade, sono molto più complesse

21 febbraio 2018

(Didier Chaudet) Lo scorso anno, nel quadro delle celebrazioni in occasione dei 500 anni della Riforma protestante, è riemerso un argomento molto (troppo) spesso messo in evidenza nelle  analisi di vari media: l’idea secondo la quale il mondo musulmano avrebbe bisogno del suo Lutero, di una sua propria Riforma.

Un approccio problematico
Il primo problema con questo approccio è che rifiuta di tener conto del fatto che l’islam (come religione e come civiltà) ha avuto le sue proprie evoluzioni storiche, filosofiche, teologiche.
Esso si basa spesso su una concezione molto semplicistica del fenomeno religioso: l’islam sarebbe arrivato “dopo” il cristianesimo e i suoi problemi attuali sarebbero dunque un copia e incolla delle nostre guerre di religione o delle tensioni interne che hanno portato alla nascita del protestantesimo o dell’Illuminismo.
Questa analisi caricaturale dice più sulla scarsa conoscenza intellettuale della storia dei territori sia cristiani sia musulmani che sulla risposta da dare ai problemi attuali del mondo islamico.

Un certo semplicismo
Un altro grande punto debole di tale approccio riguarda meno Lutero e l’idea della Riforma quanto quella del cosiddetto “mondo musulmano”. Certo, ci sono territori storicamente dominati da popolazioni cristiane e altri invece da popolazioni musulmane. Si possono trovare punti in comune legati alla storia in diversi Paesi noti come musulmani. Ed è chiaro che essendo i musulmani particolarmente presi di mira dalla propaganda dei jihadisti e degli islamisti radicali (l’estrema destra/destra radicale dello scacchiere politico nei paesi a maggioranza musulmana), un pericolo per la sicurezza e una cattiva influenza populista specifica sono punti in comune, negativi in questo caso, per l’insieme dei Paesi presi in considerazione.
Ma al di là di ciò, l’idea secondo la quale ci sarebbe un “mondo musulmano” denota ancora una volta un certo semplicismo e persino una certa ignoranza.

Oggi occorre parlare di differenti mondi musulmani

Occidentali e islamisti
Curiosamente questa ignoranza è condivisa da alcune persone del mondo occidentale con gli islamisti, che rifiutano anch’essi le differenze culturali, nazionali, storiche, l’impatto del passato recente (spesso coloniale) come quello della storia più remota, per vedere meglio un “tutt’uno” musulmano, una “umma” spacciata per unita. Ma la verità è molto più complessa.
Già nel mondo arabo le influenze culturali, i mutamenti sociali, la storia recente hanno creato un divario tra Maghreb e Vicino Oriente. Ci sono grandi differenze tra i due paesi che hanno lanciato la “Primavera araba”, la Tunisia, la cui storia è così particolare, e l’Egitto, ex faro del mondo arabo oggi devastato dalle tensioni politiche, i blocchi islamisti e l’influenza religiosa nefasta proveniente dalla penisola araba.
L’Iran, per la sua storia, è radicalmente diverso da questo mondo arabo di per sé già diviso e dal suo vicino turco. E che dire delle differenze particolarmente rilevanti tra il “mondo musulmano” vicinorientale e l’Asia musulmana? Oggi occorre parlare di differenti mondi musulmani. L’umma esiste tanto poco quanto la cristianità. E in entrambi i casi è lecito dubitare che ci sia mai stata un’unità totale.

Approccio ideologico
Soprattutto, oggi, l’idea di un “mondo musulmano” necessariamente tagliato fuori dal nostro mondo non ha senso. Già, nella nostra storia intellettuale, costruire un muro tra le due sponde del Mediterraneo significa scegliere un approccio ideologico più che fattuale al nostro passato. E ancora oggi i grandi mutamenti intellettuali, politici, umani in “Occidente” (altra costruzione intellettuale più che una realtà) hanno necessariamente un impatto nel “mondo musulmano” e viceversa. E questo tanto più che adesso non ci sono soltanto “orientali” cristiani, ma anche “occidentali” musulmani. Pensare che sarebbe necessario un “Lutero” per risolvere i problemi attuali del mondo musulmano vuol dire anche cedere a un altro semplicismo, quello secondo il quale questioni come Daesh, il terrorismo islamista, le violazioni dei diritti umani in questa regione del mondo sarebbero un problema religioso.

Marocco terra dei sogni (Segni dei Tempi RSI La1)

Estremismo e religione
Certo, l’estremismo, che sia religioso o no (fascismo, comunismo), si presenterà sempre come la versione più “pura” di un sistema di pensiero. Ma perderemmo la nostra capacità di analisi critica non appena una questione tocca l’islam, al punto di non considerare gli aspetti storici, politici, sociali, geopolitici che troviamo dietro ciò che si presenta unicamente come estremismo religioso?
Non è possibile spiegare Daesh senza la guerra in Iraq del 2003 e gli sviluppi interni in Siria, fino alla guerra civile; l’evoluzione dell’islamismo radicale e del fondamentalismo pronto ad imbracciare le armi (per esempio i talebani) non si spiega senza il denaro dei paesi della penisola araba, in primo luogo l’Arabia Saudita; e non si comprende la diplomazia saudita senza tener conto della sua situazione politica interna e della sua geopolitica (competizione con l’Egitto di Nasser antislamista prima di tutto, poi contro l’Iran post rivoluzione).
Qui, se c’è bisogno di una riforma, è innanzi tutto quella del nostro pensiero che impone una visione antistorica e sconnessa delle questioni politiche/geopolitiche ogni volta che parla di una società non occidentale.

Se c’è bisogno di una riforma, è innanzitutto quella del nostro pensiero

Influsso ultraconservatore dell’Arabia Saudita
Se vogliamo comunque accettare l’idea di un Lutero per il “mondo musulmano”, si tratterebbe allora di una riforma/rivolta politica e geopolitica che mirerebbe a impedire che un solo Paese, l’Arabia Saudita, sia il custode dei due principali luoghi santi dell’islam, La Mecca e Medina. E più in generale a respingerne l’influenza ultraconservatrice che ha potuto riversarsi sul mondo arabo e oltre grazie ai petrodollari.
Questa riforma/rivolta rischierebbe però di scontrarsi con un problema enorme: il sostegno dei paesi occidentali all’Arabia Saudita e la loro capacità di chiudere gli occhi quando i grandi clienti delle nostre industrie belliche reprimono le proprie popolazioni (per esempio il Bahrein) oppure usano le armi che noi gli abbiamo venduto per distruggere un paese musulmano vicino (per esempio lo Yemen).

Recuperare una visione critica della storia
Se si vuole ad ogni costo proiettare la storia europea nel “mondo musulmano”, non è di un nuovo Lutero che l’islam ha bisogno, ma piuttosto di un Castellione o di un John Locke, i quali hanno permesso, a modo loro, lo sviluppo di un approccio progressista alla religione, tappa essenziale verso l’Illuminismo. Ma anche in questo caso non è necessario cercare nella storia religiosa e intellettuale europea ciò che ha avuto un suo equivalente in diversi paesi a maggioranza musulmana. Ricordiamo per esempio Abu Bakr al-Razi, grande pensatore musulmano dei secoli 9. e 10., che propugnava un razionalismo capace di discernere il bene dal male senza l’aiuto di religioni rivelate o di libri sacri.
Chiunque desideri sostenere una qualunque “riforma” nell’islam non ha bisogno di sovrapporre la storia degli europei a quella dei musulmani vicinorientali, africani o asiatici e dovrebbe piuttosto promuovere una storia intellettuale dei paesi musulmani, troppo spesso ignorata, in Oriente come in Occidente. (da Réforme; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

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