La moda non si ferma davanti al pulpito

Per il pastorato riformato non vige alcun codice di abbigliamento

02 gennaio 2018  |  Katharina Kilchenmann

È considerato il segni distintivo di pastore e pastori delle chiese riformate: la toga nera con le facciole bianche. La sua origine è da ricercare nelle università medievali. Quell’abito accademico tipico dei professori o dei magistrati si impose, dopo la Riforma, in tutte le chiese evangeliche.
Oggi chi indossa la toga lo fa, in genere, di sua spontanea volontà. Gli ordinamenti ecclesiastici raramente la impongono. Inoltre l’abito indossato da pastori e pastore riformati per celebrare le funzioni religiose, a differenza dei paramenti sacerdotali cattolici, non ha alcun significato liturgico: è semplicemente una veste professionale.

Questione di praticità

Portare o meno la toga? Per quanto possa apparire strano, il tema può accendere gli animi. “Chi non indossa la toga per celebrare le funzioni", afferma Res Peter, pastore al Neumünster di Zurigo, "lancia un segnale forte. E c'è chi arriva a metterne in dubbio la fede”. Peter ha optato per la veste professionale soltanto dopo alcuni anni di pastorato. Si è fatto confezionare dalla stilista Christa de Carouge una toga di seta sintetica giapponese in due pezzi insieme a un paio di pantaloni a sbuffo. “A poco a poco mi sono reso conto della praticità di questo modo di vestire”, afferma Peter entusiasta. “Non bisogna mai stare a riflettere su che cosa indossare e posso giocare con gli elementi. Ciò mi dà, a prescindere da ogni occasione, una grande libertà”.

Res Peter (foto: reformiert)

Semplice ed elegante

Christa de Carouge si rallegra dell’incarico ricevuto. “Io non faccio moda, io faccio vestiti per le persone. Preferibilmente per persone interessanti come Res Peter”. Per la toga, la stilista si è ispirata agli abiti dei monaci buddisti zen giapponesi. “Un pastore deve irradiare tranquillità e avere un aspetto dignitoso. In jeans o in giacca e cravatta non può farlo”. Una chiesa è un luogo speciale, ritiene Christa de Carouge, e questo dovrebbe rispecchiarsi nell’abito che si indossa. È quindi andata alla ricerca di un taglio che valorizzasse anche il portamento, la gestualità e il carisma di Peter. “Credo di esserci riuscita”.

Ruth Werthmüller (foto: reformiert)

Anche Ruth Werthmüller, pastora nella Thomaskirche a Liebefeld - grosso quartiere tra Berna e Köniz -, indossa una toga. Ricorda che da giovane, ad uno dei suoi primi funerali, non l’avevano quasi lasciata arrivare alla tomba perché non si erano resi conto che era la pastora. “Non appena indossai la toga, fecero spazio alla signorina”, afferma ridendo. Tra le donne il tema dell’abbigliamento ha comunque una ben maggiore considerazione che tra i colleghi uomini, sottolinea Werthmüller. “Una toga facilita molte cose: mi tutela, mi rende riconoscibile nella mia funzione e non devo giustificarmi”. Sulla veste bianca indossa una stola colorata. I colori vengono di volta in volta adattati agli eventi dell’anno liturgico.

Posso letteralmente "indossare" il ruolo della pastora e poi di nuovo togliermelo.

 — Nadja Heimlicher

Colorato ed esotico

A colori si presenta anche Volker Niesel in occasione di particolari festività nella sua chiesa a Schangnau, nell'Emmental. Si è fatto cucire un abito in Indonesia. “Mia moglie è originaria dell'Indonesia, di Giava. Lì ho visto colleghi pastori riformati in splendidi abiti colorati. Mi è stato di ispirazione”. Ovviamente ha prima chiesto al consiglio di chiesa se ci fossero obiezioni. Tuttavia le reazioni, anche quelle della comunità, sono state tutte molto positive.

Volker Niesel (foto: reformiert)

Nadja Heimlicher è da tre anni pastora della parrocchia riformata di Biglen, nel Canton Berna. In precedenza ha lavorato nel settore della ristorazione. “Allora indossavo sempre un grembiule e con ciò la mia funzione era chiara. Adesso indosso una toga. In questo modo posso letteralmente 'indossare' il ruolo della pastora e poi di nuovo togliermelo”. Il taglio dell'abito, che si ispira alle vesti dei religiosi ortodossi, sottolinea inoltre il suo incarico. “Nei culti non mi limito a predicare, ma do anche spazio al mistero divino”. (da reformiert.; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

Nadja Heimlicher (foto: reformiert)

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