È morto a Berna il pastore e poeta Kurt Marti

Il grande vecchio del protestantesimo svizzero è deceduto all'età di 96 anni

12 febbraio 2017

In occasione della scomparsa di Kurt Marti, riproponiamo un'intervista al pastore e poeta realizzata nel dicembre del 2014 dal giornalista Stefan von Bergen. All'epoca Kurt Marti risiedeva già nella casa per anziani nel quartiere Elfenau di Bern. Senza mezzi termini, l'anziano pastore riconosce e descrive la sua mancanza di prospettive e la sua noia prima della morte. Considerando la sua lunga vita, che lo ha visto attivo anche in ambito politico e tra i fondatori della Dichiarazione di Berna, parla con scetticismo dei potenti. Nonostante ritenga di non avere più nulla da dire, è ancora un piacere ascoltarlo.

Signor Marti, le capita di pensare: sono già 93enne e sono sempre ancora qua?
Sì, mi ritengo come un eccedente, un residuo del secolo scorso.

Da cosa lo percepisce?
Da tutto. Da me stesso. Da ciò che mi circonda, che mi sta diventando estraneo.

I media intervistano volentieri personalità anziane, persone ritenute maestre di vita? Lei è tra queste?
Non sono un maestro. Non saprei in quale ambito lo potrei essere.

Era particolarmente dotato nelle prediche e come scrittore...
Non scrivo più ormai. E ho la sensazione di rincretinirmi lentamente.

Come scusi? Lei parla in modo molto chiaro e comprensibile, personalmente ritengo che lei sia una persona saggia...
Cosa significa essere saggi? Alla mia età sono tante le esperienze che uno ha fatto e tante le cose che uno ha visto. Persone che vanno e vengono. Movimenti e mode che vanno e vengono. Se si osserva ciò da una certa distanza, forse lo si può considerare saggezza. Ma non ho mai avuto la sensazione di essere saggio. Ho più la sensazione - come già detto - di rincretinirmi. Ma bisogna prendere tutto ciò con umorismo. Ogni tanto sono seduto qui o sono sdraiato sul letto e rido di me stesso.

All’età di 93 anni, è possibile avere una visione più equilibrata del mondo?
Forse si è più lungimiranti.

Lungimirante significa ad esempio pensare che Wladimir Putin, il quale tiene attualmente il mondo col fiato sospeso, in 10 anni non sarà più al potere?
Non reputo Putin una persona malvagia. Non capisco il motivo per cui molti inveiscano contro di lui. Putin sostiene gli interessi russi. Ma ciò è suo diritto. Rendendolo un mostro, riportiamo a galla vecchie immagini della guerra fredda. E questo mi sembra stupido.

Putin promuove una politica aggressiva...
Putin sottolinea anche che la Russia è stata costretta a mettersi sulla difensiva a causa della Nato e dell’Occidente. Bisogna tenere conto di ciò. Mi ricordo che il presidente degli USA Kennedy disse una volta durante la crisi di Cuba, che bisognava mettersi nei panni dei russi. È una sorta di allenamento mentale sapersi immedesimare negli altri, senza guardare sempre e solo le cose dalla propria prospettiva. Questo è l’atteggiamento corretto per trovare insieme una soluzione.

Guardando indietro, ha l’impressione che il mondo sia migliorato o peggiorato?
Quando ero giovane, durante la seconda guerra mondiale, il mondo era in uno stato molto peggiore. A confronto noi oggi ci troviamo in un periodo pacifico. Recentemente l’ex direttore dell’archivio svizzero di letteratura mi ha spedito una fotocopia del mio primo articolo apparso nel “Bund” bernese nel settembre del 1939, vale a dire proprio in quel periodo...

Di che cosa parlava in quell'articolo?
Ai tempi andavo al ginnasio. Avevamo ricevuto il compito di precettare per i militari della città di Berna delle biciclette. A cosa stessero pensando i comandi dell’esercito, non lo so. Pensavano forse che i soldati svizzeri sarebbero andati incontro ai panzer tedeschi con delle bici? In ogni caso, invece di andare a scuola, raccogliemmo con entusiasmo delle biciclette. Su questo episodio ho scritto un articolo per il “Bund”.

Ha vissuto per la 93esima volta il Natale. Ha ancora un significato per lei?
Sì, certo. Ma trovo che venga sopravvalutato. Per i cristiani la festa più importante è la Pasqua. Quindi non la nascita di Cristo, ma la sua risurrezione. Il Natale è stato inoltre molto commercializzato, perché si tratta di una storia religiosa facilmente comprensibile. La Pasqua è un evento più complicato. Una nascita è una nascita, è facile da capire. Ma una risurrezione, che cosa può significare?

Le sembra che nella nostra società ci siano delle pressioni, sugli anziani, affinché si "tolgano di mezzo"?
Intende dire, facendo ricorso a Exit? Personalmente non ho percepito una simile pressione. Ma sento e leggo che questa pressione è presente. In ogni modo, sono diffidente nei confronti di organizzazioni come Exit.

Che cosa la spinge a essere diffidente?
Il fatto che Exit sia un’impresa che realizza dei guadagni sfruttando la morte. Non credo che prenderò mai in considerazione la loro offerta.

La sua fede, dopo il pensionamento come pastore, è diminuita a scapito del dubbio?
Il dubbio per me è sempre stato uno stimolo per credere. Nutro dei sospetti nei confronti di ogni fede priva di dubbi. Se uno non ha dubbi, non può a mio avviso credere realmente.

Dubita anche di Dio?
Sì, perché no? Si può dubitare di tutto.

Per i cristiani la festa più importante è la Pasqua. Quindi non la nascita di Cristo, ma la sua risurrezione

Teme per la sopravvivenza della chiesa riformata?
No, in realtà no. Ci troviamo in un periodo di cambiamenti. Il tempo in cui nel Canton Berna erano tutti riformati è ormai passato. E in realtà va bene così. È meglio che ci sia maggiore libertà sulle questione di fede. La chiesa non deve però per questo iniziare a seguire ogni moda per restare al passo coi tempi.

La chiesa deve puntare maggiormente sui suoi valori?
Non penso alle categorie dei "valori". Mi ricorda troppo il discorso sui "titoli di credito". La chiesa deve sostenere il dialogo. In passato, nella Nydeggkirche di Berna, invitavo le persone a discutere sulle mie prediche. Di norma restavano dalle 50 alle 60 persone. Scendevo dal pulpito e qualcuno gestiva la discussione. Un dialogo del genere è espressione dell'essere riformati. La chiesa riformata si costituisce dal basso, da piccole cellule, come quel circolo di discussione. La chiesa cattolica invece è un’organizzazione gerarchica, verticale, dal papa fino ai preti.

Che cosa pensa del nuovo papa Francesco?
Non si tratta del mio papa, è il papa dei cattolici. I protestanti non hanno bisogno di un papa. È una persona più normale rispetto al suo predecessore. Ma bisogna ancora attendere per poter capire le intenzioni di Francesco. Le aspettative sono tante. Ma il papa è anche prigioniero del suo incarico.

Nella cattedrale di Berna a fine ottobre è stata presentata una serie di suoi testi sul tema del potere. Purtroppo non era presente. Come mai?
Alla sera non esco più. È troppo buio.

Un’ultima apparizione in pubblico non le sarebbe piaciuta?
No. È bello che mi sia stata fatta la proposta, ma non mi lascio più convincere a partecipare. Mentalmente sono troppo poco presente e sono anche ostacolato dalla mia vista che si sta lentamente spegnendo.

Nella cattedrale è stata letta la sua poesia “The Party is Over”. Parla di una persona che rimane da sola in mezzo alla notte, perché tutti gli altri dopo la festa se ne sono andati via subito, per non essere gli ultimi. Si sente così in questo periodo?
Sì, ogni tanto capita. Sono l’ultimo. Perché tutti gli altri muoiono e io sono sempre ancora qua.

Ha avuto modo di godersi il party, la festa, quella che appare nel titolo della sua poesia?
Se con party, o festa, si intende una vita vissuta: certo che sì! (trad. it.  G. M. Schmitt; adat. Luisa Nitti)

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