Burkini, femminismo e religione

Il punto di vista della storica ed esperta di laicità Valentine Zuber

25 agosto 2016

La polemica sul burkini mette in evidenza una “ossessione dell'abbigliamento” intorno al religioso nello spazio pubblico che ritorna in modo ricorrente in Francia dall'inizio del 20. secolo, sostiene Valentine Zuber, storica presso l'Ecole pratique des hautes études (EPHE). Il suo punto di vista, espresso in risposta a tre domande che sintetizzano il dibattito su questo indumento da spiaggia dalla connotazione religiosa.

In quale contesto si inserisce la polemica sul burkini?
Siamo nella logica dei dibattiti che abbiamo visto riemergere in questi ultimi trent'anni, dall'espulsione delle studentesse velate a Creil nel 1989 fino alla legge del 2010 che vieta di indossare il velo integrale. Quella posta dalla polemica attuale è la questione della visibilità nello spazio pubblico dell'abbigliamento religioso, in particolar modo quello musulmano. In Francia non si vedono più tonache, né religiose con il velo e si è persa l'abitudine di questa visibilità religiosa. Ci si concentra allora sugli indumenti indossati dalle donne musulmane.
L'ossessione nei confronti dell'abbigliamento risale a ben prima: già all'inizio del 20. secolo, in un contesto di laicizzazione autoritaria delle congregazioni religiose, l'abbandono dell'abito religioso era obbligatorio per le suore che volevano continuare a insegnare. Dopo la legge del 1905 sulla separazione tra Chiese e Stato, alcuni sindaci avevano tentato, senza successo, di far vietare l'abito religioso nello spazio pubblico.
Oggi il dibattito si concentra sul burkini e sul burqa semplicemente perché l'hijab comincia a entrare nell'uso e c'è una sorta di gioco al rialzo nell'affermazione identitaria, con l'apparizione di nuovi indumenti religiosi come il burqa e il burkini, che suscitano tensione tra i laici.

E intanto lo sguardo rimane puntato sulle donne...
È la stessa logica adottata per il velo: impedire l'ostentazione di quello che è ritenuto un simbolo di sottomissione della donna. Le proposte della ministra dei diritti delle donne Laurence Rossignol sono molto chiare al riguardo. Si parte dal principio che le donne sono oppresse, che non hanno libertà di scelta, che soggiacciono all'influenza del marito o del padre. Questi presupposti paternalistici non datano da ieri. Il modello di laicità alla francese si è a lungo costruito contro le donne.
La Francia è uno dei paesi europei che ha impiegato più tempo per dare il diritto di voto alle donne e c'è una diffidenza nei confronti del femminile che è parte integrante di una certa logica repubblicana che considera le donne come eterne minorenni, incapaci di elaborare un giudizio personale e persino di emanciparsi.

È possibile conciliare femminismo e religione?
Le femministe in Francia hanno fatto proprio il modello della laicità in nome della difesa dei diritti delle donne a fronte di una morale cattolica ancora molto normativa. La stessa logica di emancipazione ha portato una parte di esse a opporsi fermamente al velo islamico, riproducendo paradossalmente uno sguardo paternalistico per imporre alle donne la via della loro emancipazione. Ma esiste un femminismo musulmano, così come esiste un femminismo che si manifesta in tutte le religioni, che sia tra i protestanti con il Mouvement Jeunes Femmes, che è stato precursore della pianificazione familiare, il Comité de la jupe tra i cattolici, o ancora diversi movimenti tra gli ebrei.
L'idea di un femminismo religioso è ovvia nei paesi anglosassoni, ma resta difficile da comprendere in Francia, dove il religioso è visto come il lato oscuro, irrazionale della ragione e dell'emancipazione individuale. Non bisogna dimenticare che sono svariate le strade che portano all'emancipazione. Le giovani che propugnano un femminismo islamico vogliono prendere in mano la loro vita trovando nella parola religiosa la via della loro emancipazione. E alcuni teologi musulmani molto competenti affermano che il velo non è obbligatorio. C'è una diversità di discorsi e di pratiche e alcune vivono molto bene il loro islam senza dover esibire la loro religiosità. (Midi Libre/Valentine Zuber; trad. it. G.M. Schmitt/voceevangelica.ch)